Confini (2)

Barriere e ponti

Barriere e ponti

L’episodio di uncle Tony in Svizzera mi torna spesso in mente quando, attraversando una frontiera per la prima volta, noto quanto in realtà ci sia di affine e di simile nelle terre al di là e al di qua del confine. Nella maggior parte dei casi cambia la lingua (ma non sempre, come nel caso della Svizzera italiana) ma per il resto i popoli limitrofi condividono molto delle loro tradizioni e delle loro culture.

La parola “confine” viene dal latino cum-finis e letteralmente significa “limite in comune”, cioè una soglia che separa e nel contempo unisce, che si ha in comune con gli “altri”. Un capolinea bifronte, luogo di chiusura, di separazione, spesso di conflitto, ma anche di contatto, di interazione e di scambi culturali. Un confine, che sia mentale o materiale o anche solo simbolico, può essere una barriera che blocca o un ponte da attraversare, può stimolare il dialogo o soffocarlo.

Le frontiere sono state e sono tuttora protagoniste in politica e in economia, le terre di confine sono state spesso campi di battaglia, teatri di esclusione, di discriminazione e di dazi, specialmente se rafforzate da barriere fisiche o ideologiche. Nella “wild frontier” del Far West si avventuravano i pionieri nordamericani, penetrando nel territorio delle tribù native, spodestandole e rinchiudendole poi nelle “riserve” indiane. Alle volte le frontiere sono rese insuperabili, sorvegliate da rigide dogane, chiuse da muri e fili spinati, soprattutto quando la tentazione di superarle esiste solo in un’unica direzione. Ma abbiamo avuto anche situazioni in cui le frontiere sono diventate laboratori di creatività, di fusione di culture, luoghi dove sono germogliate nuove varianti di umanità. Zone di transizione, spesso bilingue (come in Alsazia o in Alto Adige, o nel Belgio da dove scrivo), in cui si mescolano identità e tradizioni, offrendo opportunità di scambi e cooperazioni. D’altronde il termine “frontiera”, derivato da fronte, richiama il concetto di visi e sguardi rivolti in avanti, verso lo straniero a cui si volge la fronte, anziché dare le spalle.

Alle frontiere si devono la varietà e la molteplicità delle culture e delle arti nel pianeta, avendo la separazione incoraggiato e ispirato esperienze differenziate e variegate. Mondi espressivi che a volte, come dicevamo, si sono ritrovati, mescolati e integrati. Sebbene l’incomprensione linguistica sia uno dei maggiori intralci al dialogo e alla comunicazione tra i popoli, l’arte permette spesso di superare questo ostacolo: il linguaggio dell’arte è universale, supera i confini geografici e politici perché, a differenza delle lingue parlate, si esprime attraverso simboli, emozioni e forme che toccano l’essenza dell’umanità. Un dipinto, una scultura, una melodia o una danza sono espressioni artistiche che evocano sentimenti profondi senza bisogno di traduzioni, possono essere comprese e apprezzate da culture diverse, poiché fanno leva su emozioni e percezioni condivise. E oltrepassano pure i confini temporali: i grandi capolavori, oltre che superare le frontiere, scavalcano anche i secoli. Persino i graffiti nelle caverne preistoriche ci emozionano ancora oggi, nonostante siano stati realizzati migliaia di anni fa. L’arte resta quindi un importante strumento di dialogo e di comprensione reciproca, un ponte che può farci attraversare barriere che peraltro sono spesso solo immaginarie, come quelle che non riuscivano a vedere né Thor Heyerdahl dall’oceano né Jurij Gagarin dallo spazio.

(2 – Continua)