
That’s all la Svizzera?!
Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini (Jurij Gagarin)
Di confini non ne ho mai visto uno. Ma ho sentito che esistono nella mente di alcune persone (Thor Heyerdahl)
Mezzo secolo fa ci venne a trovare a Milano un fratello di mio padre che abitava negli Stati Uniti, il classico “zio d’America”. Lo zio Antonio – ovvero uncle Tony, come lo chiamavamo noi – era rimasto a vivere a Detroit (la mia città natale), mentre suo fratello John – cioè mio padre – era ormai rientrato in Italia con la famiglia da diversi anni.
Abitavamo a Milano ma avevamo anche una casetta sulle Alpi, in una valle a pochi chilometri dal confine con la Svizzera. Visto che a Detroit era circondato soprattutto da paesaggi pianeggianti, proponemmo a mio zio di passare qualche giorno nella nostra casa in montagna. Tony accettò volentieri e, quando seppe che stavamo a pochi chilometri dal confine svizzero, tutto eccitato ci chiese di portarlo a fare un’escursione oltre frontiera. Superato il confine di Ponte Ribellasca e una volta entrati nel Canton Ticino, la nostra valle cambiava nome – dall’italiana “Val Vigezzo” diventava la svizzera “Centovalli” – ma per il resto paesaggio e ambiente restavano identici, comprese le baite che punteggiavano i pendii, la vegetazione alpina e pure la lingua che compariva su insegne e cartelli stradali. Dopo qualche chilometro ci fermammo in un villaggio, identico a quelli che avevamo attraversato in Italia, e acquistammo in un negozietto prodotti tipici locali, tra cui un coltellino multiuso e qualche tavoletta del rinomato cioccolato svizzero.
Quando in serata arrivò il momento di rientrare a casa, Tony espresse tutta la sua delusione chiedendoci “and that’s all la Svizzera?!” Si aspettava forse di trovare oltre confine orologiai e cioccolatai abbigliati coi lederhosen, i tipici pantaloni al ginocchio con bretelle, intenti a suonare corni alpini e a intonare canti yodel. Immagini della tradizione e del folklore svizzero che sperava di incontrare, una volta passata la frontiera. Purtroppo non trovammo nulla di tutto ciò, così come d’altronde non è nemmeno frequente incontrare gondolieri e pizzaioli col mandolino, quando si arriva in Italia…
L’episodio di uncle Tony in Svizzera mi torna spesso in mente quando, attraversando una frontiera per la prima volta, noto quanto in realtà ci sia di affine e di simile nelle terre al di là e al di qua del confine. Nella maggior parte dei casi cambia la lingua (ma non sempre, come nel caso della Svizzera italiana) ma per il resto i popoli limitrofi condividono molto delle loro tradizioni e delle loro culture.
(1 – Continua)