Diamo tempo al tempo (1)

Carpe diem

Carpe diem

Alice: “Per quanto tempo è per sempre?”

Bianconiglio: “A volte, solo un secondo”.

(Lewis Carrol)

Il tempo è denaro, il tempo è amico, il tempo è galantuomo, il tempo è gran medico, il tempo stringe, il tempo vola, non c’è più tempo…

Nominiamo in continuazione il tempo, anche se non sappiamo davvero cosa sia e a cosa serva il tempo. Intanto, nella lingua italiana, il termine “tempo” può avere diversi significati, da quello di “epoca” (ai miei tempi, in tempo di guerra…) a quello meteorologico (oggi c’è brutto tempo, domani farà bel tempo…), a quello di “ritmo “ (andare a tempo con la musica…), di porzione di un evento (il primo tempo di una partita o di una commedia), a quello di prestazione sportiva (il miglior tempo delle qualificazioni) fino a quello più indecifrabile, che riguarda lo scorrere dei momenti della nostra giornata e della nostra vita, a cui si riferiscono i modi di dire citati all’inizio. È quest’ultima accezione che qui ci interessa, per il suo carattere sfuggente e imperscrutabile, per il suo continuo fluire tra passato, presente e futuro.

Innanzitutto, il tempo si muove? È il tempo che scorre, o siamo noi che ci muoviamo attraverso di esso? Nella civiltà moderna il tempo viene visto per lo più scorrere e il suo fluire viene misurato in vari modi, da cronometri, orologi, agende, calendari, a seconda della scala con cui ci confrontiamo. Per un velocista l’importanza del tempo sta tutta nel cronometro, per un imprenditore sta nei mesi e negli anni del suo cronoprogramma, per uno storico sta nei decenni e nei secoli.

Sappiamo comunque che calendari e orologi sono invenzioni umane create qualche secolo fa. In passato i popoli regolavano il loro tempo sui movimenti del sole e della luna e sulle stagioni. Ma sin dall’antichità gli uomini hanno tentato di controllare il tempo, dalle meridiane dell’antica Roma alle clessidre del Medioevo, mentre calendari e orologi divennero d’uso comune quando le comunità umane iniziarono ad espandersi e si rese necessario armonizzare e coordinare i tempi tra popolazioni lontane.

Da secoli filosofi e scienziati si sono interessati alla natura e all’essenza del tempo. C’è stato chi diceva che bisogna vivere intensamente il tempo presente (dal celebre motto “carpe diem” – cogli l’attimo – del poeta latino Orazio), che bisogna godere giorno per giorno di quanto ci offre la vita sul momento, l’attimo “qui e ora”, visto che il passato non c’è più e il futuro non c’è ancora, ed è imprevedibile. Ma c’è stato anche chi pensava il contrario, e cioè che il presente sia pura illusione, un’entità astratta e senza dimensione, come il punto geometrico; che in fin dei conti viviamo di ricordi e di rimpianti – affondati nel passato – così come di speranze e di progetti – avvolti nel futuro. Il presente ci sfugge, non è altro che il passato di domani e il futuro di ieri. Il passato è il nostro maestro, il futuro è il nostro esaminatore e chi vive solo del presente fonda dunque la sua esistenza su di un’illusione.

Di cosa parliamo dunque, quando parliamo di tempo? Newton parlava di un “tempo assoluto”, al di sopra di noi, che non possiamo controllare, qualcosa di universale e paragonabile al divino. Leibniz non era d’accordo: per il filosofo tedesco il tempo è solo uno strumento che noi umani utilizziamo per misurare la durata da un evento all’altro, ed esiste solo in quanto accadono eventi osservabili e misurabili in “anteriore” e “posteriore”, in “precedente “ e “successivo”. Considerava quindi il tempo, più che altro, come un mezzo con cui la Natura impedisce che le cose avvengano tutte in una volta.

(1 – Continua)