Uomini oggi
Oggi c’è maggiore partecipazione delle donne alla vita sociale e politica, ci sono donne dirigenti d’azienda e nel mondo degli affari, donne sindacaliste, scienziate, artiste. C’erano anche in passato, ma come eccezioni alla regola, casi isolati. Oggi si nota un cambiamento, sebbene ancora lento e faticoso, frenato dal persistere della mentalità patriarcale, soprattutto presso alcune culture. A volte persino tra la popolazione femminile, tra donne sottomesse all’uomo da secoli in famiglie tradizionali, con ruoli predefiniti, che riproducono nei figli lo stesso stile educativo sperimentato per generazioni. In alcuni contesti le spinte conservatrici sono talmente forti da riprodurre senza ripensamenti le vecchie gerarchie familiari, gli stessi modelli di comportamento, le stesse convinzioni e abitudini quotidiane. In Afghanistan, ad esempio, i Talebani sono ritornati al potere imponendo le stesse discriminazioni dei propri padri, nonostante per vent’anni le madri li avessero allevati durante il periodo di occupazione occidentale.
Ma – tradizioni a parte – dicevamo che, con l’emancipazione femminile e l’allargamento di diritti e ruoli per le donne, gli uomini restano confusi, reagendo in modo vario. C’è chi sceglie di ribadire la propria mascolinità, chi resta indifferente estraniandosi dalla questione (“io non ho niente a che fare coi femminicidi”). E c’è chi offre passivamente aperture e concessioni, come femminilizzare vocaboli e titoli. Pochi uomini si chiedono davvero cosa voglia dire essere maschio oggi, in pochi mettono in discussione la propria identità di genere; ci si riflette forse a livello individuale ma non collettivo. Peraltro, “femminista” è una parola con valenza generalmente positiva, mentre “maschilista” resta un termine negativo, denigratorio.
Di identità maschile si parla poco, l’attenzione è focalizzata sulla condizione delle donne e delle minoranze e gli uomini si illudono così che il dibattito sul genere non li riguardi. In realtà, per gli uomini un cambio di paradigma sarebbe un’opportunità per reinventare il proprio ruolo, la propria esperienza di paternità, il proprio rapporto col lavoro, la propria esperienza di coppia.
L’anima maschile è un mondo non meno profondo ed emotivo dell’anima femminile, e va pertanto rimosso lo stereotipo e il pregiudizio che gli uomini siano incapaci di affrontare le emozioni. Va riformulata l’identità maschile partendo dall’educazione di bambini e ragazzi, orientandoli alla libera espressione di sé, svincolata dai modelli di mascolinità, fatti di forza, competizione, controllo. Essere uomini oggi significa mettere in discussione i modelli dei padri e costruirne di nuovi, comporta diritti e doveri quasi inediti, come l’accudimento dei figli.
Oggi le emozioni sono più che altro espresse sui social tramite le faccine, gli emoticon, che ne banalizzano e appiattiscono il significato, ma le vere emozioni sono profonde, per nulla banali. Attraverso emozioni e sentimenti affiniamo anche la sensibilità, termine che non si riferisce tanto ai cinque sensi fisici che sappiamo – vista, olfatto, udito, tatto e gusto – ma piuttosto ad altri sensi, impalpabili, come l’empatia e appunto l’emozione, che nascono dal cuore e seguendo i quali la nostra “carrozza” si dirige nella direzione giusta.
Poco a poco gli uomini stanno iniziando a ridefinire il concetto di virilità, ad ammettere di provare emozioni e di affrontarle e comunicarle con onestà. Ma la strada è ancora lunga: crisi mondiali, guerre, odio, violenze domestiche, femminicidi: sono tutti segnali che troppe carrozze vengono trascinate nella direzione sbagliata, che menti, coscienze e anime non sempre sono capaci di guidare le emozioni, non riescono a chiamarle. Avevano ragione Mogol e Battisti: anche se non possiamo capire, dobbiamo chiamarle, le emozioni.
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