Da hippy a senior: l’ultima salita
Ci sono stati e ci sono tuttora validissimi capi di Stato, artisti, scienziati, pontefici e persone comuni ultrasettantenni e anche ultraottantenni, che hanno avuto successo laddove giovani quarantenni hanno fallito. Ma non è necessario avere ruoli di responsabilità per avere successo e gratificazione nella terza età: è possibile per tutti affrontare una vecchiaia positiva, concentrandosi forse su meno attività ma sempre con passione ed energia. Con un invecchiamento attivo gli anziani possono continuare a impegnarsi ed essere utili alla società anche dopo l’uscita dal mondo del lavoro. Sempre più “senior” svolgono attività di volontariato, coltivano hobby creativi, frequentano palestre e circoli culturali, scuole e corsi come quelli dell’Università della Terza Età; tutte attività che, pur non prevedendo una retribuzione economica, mantengono viva la curiosità intellettuale e aumentano l’autostima e la fiducia in sé. D’altronde, qualcuno disse che si resta sempre giovani, finché si continua ad essere curiosi e ad imparare.
Con internet e i social media è facile la tentazione per un anziano di mescolarsi ai flutti di cui parlava Fabié, nascondersi e mimetizzarsi con l’invisibile folla della rete ancora immersa nella vita, anziché tirarsi in disparte e scomparire dalla scena pubblica, come accadeva agli anziani di ieri, confinati nelle cucine e nelle loro stanze a guardare la tv e a giocare a carte.
La mia è in effetti la prima generazione che invecchia online, che cerca di destreggiarsi tra le app e di stare a galla sui social anche se spesso non riesce più a tenersi aggiornata sui gusti e sulle mode; si postano vecchie foto di anni prima, invece di quelle attuali con rughe e capelli grigi, mentre i “like” diminuiscono sempre più col tempo, finché un bel giorno non si sparisce dai radar della rete e si finisce comunque del tutto dimenticati.
Si tratta peraltro della stessa generazione del “Sessantotto”, la beat generation che oltre mezzo secolo fa voleva sovvertire il mondo, si ribellava alla tradizione repressiva dei padri, e con la rivoluzione hippy e flower power protestava contro il conformismo dei “matusa” e sognava una nuova società libera e alternativa. La stessa generazione che oggi, con l’allungamento della vita e della vecchiaia, viene spesso incolpata di togliere spazio e opportunità ai giovani, di non voler “alzarsi da tavola” per cedere il posto a chi sta aspettando il proprio turno.
Ma a tavola dovrebbero potersi sedere tutti, quanto più a lungo possibile: le generazioni non devono susseguirsi come corridori di una staffetta, passare il testimone e sparire: devono accavallarsi per avere il tempo di scambiarsi tutto ciò che serve agli uni e agli altri. Anche Fabié invitava i vecchi ad amare i giovani, così come si amavano i fiori e come si amava la speranza, restando vicini a loro e frequentandoli. È un invito valido ancora oggi: lo scambio tra diverse generazioni aiuta gli anziani a stare al passo coi tempi e permette loro di vivere più a lungo, nonché di trasmettere alle nuove generazioni tutte le esperienze e le conoscenze accumulate, che altrimenti rischierebbero di andare perdute per sempre.
Tornando alla metafora della vallata, dopo la salita verso la cresta finale, il cammino riprende con un’altra discesa verso la valle successiva, una nuova tappa della vita che ricomincia però con nuovi personaggi. Chi è appena salito renderebbe il suo ultimo tratto di strada fecondo e utile per chi si appresta a scendere, se potesse consegnargli una mappa del territorio per orientarsi meglio. Dopotutto non è importante solo saper invecchiare ma anche, prima ancora, saper vivere.
(5 – Fine)