Partiamo dalla definizione di analfabetismo funzionale, così come cristallizzata dall’UNESCO già nel 1984. “L’analfabetismo funzionale è la condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”. L’analfabeta funzionale, quindi, è una persona che sa leggere, scrivere (altrimenti sarebbe definibile analfabeta) ed esprimersi in modo sostanzialmente corretto. Non è in grado, però, di raggiungere un adeguato livello di comprensione e analisi di un discorso complesso. Volendo identificare i caratteri distintivi dell’analfabeta funzionale, si potrebbero elencare i seguenti:
Incapacità di comprensione adeguata di testi pensati per una persona comune, come articoli di giornale, regolamenti o bollette;
Difficoltà nell’esecuzione di calcoli matematici semplici, come gli sconti in un negozio o la tenuta della contabilità casalinga;
Difficoltà nell’utilizzo degli strumenti informatici;
Conoscenza superficiale degli eventi storici, politici, scientifici, sociali ed economici.
Da questo elenco sintetico è chiaro come l’analfabetismo funzionale rappresenti un problema molto serio nella vita di tutti i giorni. Un ostacolo che si frappone fra la persona e le attività più ricorrenti del quotidiano.L’analfabetismo funzionale in Italia (dati aggiornati al 2019)
Ci sono diverse ricerche che hanno tentato di misurare il livello di analfabetismo funzionale in Italia. I dati più attendibili a cui far riferimento sono quelli dell’indagine Piaac – Ocse (2019). Secondo queste statistiche, in Italia, il 28% della popolazione tra i 16 e i 65 anni è analfabeta funzionale. Il dato è tra i più alti in Europa, eguagliato dalla Spagna e superato solo da quello della Turchia (47%).