Superflui
Non tutti riusciranno a reinventarsi. Considerando l’aumento costante della popolazione, in crescita esponenziale soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, i peggiori scenari prevedono tra qualche decennio milioni di persone funzionalmente “superflue”: un popolo di individui inabili e quindi non più necessari come lavoratori, e forse nemmeno come consumatori. Ma cosa ne garantirà il benessere fisico e psicologico?
Molte persone avranno più tempo libero, ma di cosa vivranno? Quali saranno i vantaggi di questo tempo “libero”? Avremo masse di nuovi poveri, dediti all’alcol, alla droga, alla criminalità, come è già stato per popolazioni messe da parte, come gli amerindi o gli aborigeni australiani? Siamo poi sicuri che tra cinquanta o cento anni i poveri potranno godere ancora di assistenza sanitaria? I governi potrebbero essere in futuro meno interessati a fornire assistenza sociale, rispetto a oggi. Nel XX secolo i popoli hanno beneficiato dei progressi della medicina perché gli eserciti avevano bisogno di milioni di soldati in salute e le economie avevano bisogno di milioni di operai in salute. Quindi le autorità istituivano servizi di medicina, igiene e vaccinazioni di massa per garantire la salute pubblica. Ma presto le guerre e l’industria utilizzeranno più computer, droni e robot che uomini, e già abbiamo visto ad esempio che le vaccinazioni contro il Covid per i Paesi in via di sviluppo non erano considerate una priorità, nonostante il rischio di contagio a livello globale, e furono affidate soprattutto al volontariato, alla buona volontà di enti e associazioni.
C’è chi propone un “reddito di cittadinanza” per chi resta fuori dal mondo del lavoro. Reddito che dovrebbe garantire un tenore di vita dignitoso (una volta chiarito il significato di “dignitoso”), che andrebbe quantificato in maniera equa e a livello globale, e finanziato idealmente con le tasse sulla produzione dei robot e degli algoritmi che “rubano” il lavoro alle persone. Prodotti soprattutto da aziende multinazionali, per cui la tassazione dovrebbe essere gestita da accordi internazionali. In alternativa, anziché denaro i governi potrebbero fornire servizi gratuiti, come nell’utopia socialista. Ma, di nuovo, a che livello? Semplice sopravvivenza o accesso a beni e servizi più elevati? Solo cibo e casa, o anche trasporti, diritto allo studio, agevolazioni per viaggi e attività culturali? Il tenore di vita medio di un cittadino può variare molto, così come il costo della vita, tra Paese e Paese ma anche all’interno di ciascun Paese.
Il divario tra ricchi e poveri potrà accrescersi a dismisura senza interventi correttivi. Ma anche il divario tra gli esseri umani e l’intelligenza artificiale potrebbe creare una svolta epocale. Se ogni decisione – e quindi di fatto l’autorità – sarà trasferita ad algoritmi dotati di intelligenza superiore (ma senza coscienza), presto potranno essere le macchine e i robot a gestire non solo il nostro lavoro, ma tutta la nostra vita: la nostra salute, i nostri divertimenti, la cultura, l’alimentazione… Già oggi la rete e i “social network” selezionano per noi prodotti, intrattenimento e persino notizie, secondo algoritmi che noi non controlliamo.
(3 – Continua)