Telelavoro
Pochi anni prima della pensione ho fatto appena in tempo ad essere coinvolto nell’ultima frontiera del mondo del lavoro. Il telelavoro (o smartworking, come viene anche chiamato in Italia) è diventato d’attualità col distanziamento forzato imposto dalla pandemia, che ci ha richiesto di lavorare il più possibile da casa, collegandoci a internet e incontrandoci a distanza nelle riunioni virtuali.
Grazie alla rete abbiamo potuto continuare a operare nonostante quarantene e isolamento. Peraltro, il lavoro a distanza esisteva già in molte aziende, e molte delle pratiche introdotte in quest’emergenza sono restate in vigore anche dopo la pandemia. Nella Storia è accaduto spesso che strumenti adottati in via temporanea, per ovviare ad emergenze e situazioni di crisi, sono diventati poi di uso comune, trasformando le crisi in slanci di rinnovamento.
Le riunioni su Teams e Zoom diverranno ancora più interattive nel prossimo futuro, grazie alla realtà virtuale ampliata che ci farà interagire a distanza come se ci trovassimo nello stesso luogo. La diffusione del telelavoro come prassi abituale richiederà comunque adattamenti: per lavorare da casa stabilmente dovremo affrontare bioritmi diversi, non avremo più molti contatti personali e avremo bisogno di spazi pensati all’occorrenza, che rendano più naturale la separazione tra lavoro e famiglia. Dovremo riuscire quindi a separare sia fisicamente che mentalmente la sfera privata da quella lavorativa, scollegandoci e spegnendo il computer fuori dal lavoro. Senza presenza fisica in ufficio le imprese dovranno inoltre riconsiderare contratti, protezione sociale e sicurezza.
Ma c’è chi paventa anche il rischio che le nuove tecnologie possano togliere posti di lavoro, con l’esplosione dei servizi online e il conseguente bisogno sempre minore di forza-lavoro umana.
Nell’era della globalizzazione e dell’automazione, il lavoro fisico sembra diventato ormai quasi un fastidio: meno ce n’è meglio è. Molte aziende tendono ad accrescere il loro valore tagliando il personale, esportando il lavoro dove costa meno, o importando lavoratori stranieri, sottopagati e senza garanzie. Ma è soprattutto la rivoluzione tecnologica e informatica che potrebbe sconvolgere il mondo del lavoro, facendo scomparire vecchi mestieri e rendendo obsolete molte abilità e competenze. La realtà virtuale e l’automazione stanno sostituendo gli uomini in molti impieghi, laddove sono in gioco la salute e la sicurezza, ma non solo. Sempre meno lavoratori in carne e ossa operano ad esempio ai pedaggi autostradali, dove si paga alle macchinette o coi “telepass”, o a biglietterie e sportelli al pubblico, rimpiazzati dai servizi online; gli operai vengono sostituiti dai robot, i contabili dai programmi informatici, i negozianti dall’e-commerce, i tipografi dai giornali online, gli agenti della sicurezza dai droni…
(1 – Continua)