A ritroso nel tempo
Solo nel XX secolo le due guerre mondiali hanno ucciso oltre 80 milioni di persone, tra cui molti giovanissimi che videro spegnersi le proprie vite prima di poter generare una prole che ne prendesse il testimone, magari per contribuire a migliorare quel mondo in cui essi avevano vissuto così brevemente. Molte generazioni sono state decimate ed “estinte” dall’intolleranza, dall’ostilità, da conflitti tra esseri umani. Da guerre. Guerre fratricide, come quella tra russi e ucraini, come tutte le guerre in realtà, perché è scientificamente provato che tutti gli esseri umani, in qualunque epoca e in qualunque regione della Terra siano vissuti, sono stati e sono tuttora imparentati tra loro. E nemmeno troppo lontanamente. Questa affermazione rende pertanto illogico il concetto di razze umane e insensata ogni ideologia che si rifaccia al razzismo. La si può dimostrare facilmente con un ragionamento che potremmo chiamare “il paradosso della clessidra del Trecento”.
Ciascuno di noi ha avuto due genitori, quattro nonni, otto bisnonni. Nell’albero genealogico di ogni persona, a ogni generazione, raddoppia il numero di antenati. Vale a dire che, ad esempio, tre generazioni fa – all’incirca allo scoppio della 2a Guerra Mondiale – i nostri antenati diretti erano otto, cioé i nostri bisnonni. Retrocedendo di una generazione, troviamo sedici trisavoli all’epoca della 1a Guerra Mondiale, poi trentadue progenitori alla fine dell’Ottocento, e così via. A ritroso nel tempo questo numero aumenta a dismisura. Ad esempio all’epoca di Leonardo da Vinci, cinque secoli fa, secondo questo calcolo ciascuno di noi dovrebbe aver avuto più di un milione di antenati diretti.
Ma i conti non tornano. Sappiamo infatti che, mentre aumenta il numero dei progenitori, andando indietro nel tempo però diminuisce la popolazione della Terra. A un certo momento quindi questi due numeri dovrebbero coincidere, queste popolazioni dovrebbero “convergere” come in una clessidra che da una parte si restringe e dall’altra di allarga. E dunque, prima di quel momento, se il ragionamento fosse corretto, dovremmo addirittura avere avuto più antenati diretti di quante persone abitassero l’intero pianeta!
Quel momento, quel punto di convergenza, non è neanche tanto lontano. Corrisponde infatti a solo sette secoli fa, agli inizi del Trecento, un po’ prima della Peste Nera. Al periodo, per intenderci, in cui Dante iniziò a scrivere la Divina Commedia e in cui Giotto, dipingendo la cometa di Halley (appena passata sui cieli d’Europa) nella “Adorazione dei Magi” e nella “Natività” alla Cappella degli Scrovegni, creò la leggenda della stella cometa che avrebbe guidato i Tre Re alla mangiatoia di Betlemme. (Nessun Vangelo infatti accenna alla cometa).
Ebbene, secondo i nostri famosi calcoli – che raddoppiano gli antenati a ogni generazione – ai tempi di Dante e Giotto i nostri diretti progenitori sarebbero dovuti essere mezzo miliardo a testa. Più o meno come la popolazione stimata in quegli anni per tutta la Terra. E prima di allora, il numero di avi sarebbe salito a miliardi e miliardi, quando sul pianeta vivevano ancora solo qualche milione di abitanti. Com’è possibile questa contraddizione?
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