Una scusa
C’è voluta la guerra, il dopoguerra e il Neorealismo per cambiare rotta e stile letterario: basta parlare di mare, sole, amore! Guardiamo piuttosto allo squallore dei “bassi”, alla criminalità, alla camorra, alla sporcizia, eliminiamo il trucco col quale si è abbellito per troppi anni il volto di Napoli!
Ci sono voci che si distinguono, come quella di Roberto Saviano che ha denunciato a tutto il mondo la camorra e il malaffare; ma purtroppo si continuano sempre a vedere cumuli di spazzatura per strada, né si contano tuttora le violazioni alla legge: dai quattro “scugnizzi” sul motorino senza casco, alla delinquenza di strada, alla criminalità organizzata…
Eppure perdura lo splendore dei panorami mozzafiato di Capri, Sorrento, Posillipo, e sono ancora tanti gli artisti che cantano Napoli, che poetizzano la pittoresca suggestione dei “bassi”. La bella Napoli, il lungomare, i panni stesi, i vicoli: a molti questa visione oleografica e idealistica può bastare, può essere una scusa per tutto quello che va male.
Napoli è una scusa. Una scusa per chi rimane e si guarda intorno, si avvilisce e si sente sconfitto, frustrato, deluso. O preferisce piangere e lamentarsi piuttosto che darsi da fare. Vivacchiando, sopravvivendo.
Una scusa per chi se n’è andato e non ci può più tornare. Perché se n’è dovuto andare per affermarsi, per trovare la propria strada, ma questa maledetta città gli manca ogni giorno e forse la odia perché altrove non si può essere felici. “Vedi Napoli e puoi muori”, si dice, no?
Napoli è una scusa per chi se ne vuole andare e non può. Che campa tutti i giorni pensando che alla prima occasione utile parte e non torna più, che questo posto fa schifo e non si può fare niente. Ma poi ci resta perché Napoli gli tarpa le ali, non lo fa volare via.
Pino Daniele forse per questo se n’era andato in Toscana e a Roma, non voleva più scuse. Che ci stava a fare a Napoli, dove tutti erano d’accordo con lui ma poi si autoassolvevano, “basta ca ce sta o sole, basta ca ce sta o mare?” A lui il sole e il mare non bastavano più. “Tanto l’aria s’à dda cagnà”, diceva: prima o poi l’aria deve cambiare.
E davvero l’aria poteva e potrebbe ancora cambiare. Dagli anni ’70 e dopo il terremoto del 1980, Napoli tenta il riscatto: una nuova vita, anche nel calcio, con Maradona e i due scudetti. Ma un riscatto trascinato soprattutto da una ”new wave” di giovani artisti, attori e musicisti. E così alla Napoli di Totò, dei fratelli De Filippo e di Carosone (”Tu vuo’ fà l’americano”), si è sostituita quella di Edoardo Bennato, della Nuova Compagnia di Canto Popolare, di Massimo Troisi, di Pino Daniele…
E proprio questi ultimi due, Pino Daniele e Massimo Troisi hanno guardato l’amata Napoli in faccia e le hanno detto: “Stai sbagliando: lascia ‘sto mandolino, butta via ‘sta pizza e cerca di muoverti”. E questo lo si può dire a qualcuno solo se lo si ama veramente. Il resto è corteggiamento, attrazione, flirt. Se si ama qualcuno si cerca di correggerlo, e loro non hanno cercato di correggere Napoli. Hanno avuto il diritto e il coraggio di giudicarla.
(3 – Continua)