Si salvi chi può! è il grido di allarme di chi vede il pericolo avvicinarsi.
Da che cosa è rappresentato il pericolo oggi? Dal seme della discordia che è penetrato profondamente nel nostro sé collettivo, come un virus pandemico, come quel covid 19 che può prendere la forma di odio paura rivendicazione anelito alla libertà, e provoca la necessità di trovare un nemico, perché il nemico astratto che penetra nel nostro corpo in una forma aerea e può attaccarci in ogni momento e portarci dolorosamente all’altro mondo è troppo. TROPPO, a lettere cubitali, per anime fragili come le nostre.
Dal dopoguerra in poi siamo cresciuti, generazione dopo generazione, nella bambagia del benessere, che sembrava eterno, che ci ha spinti ad avere le abitazioni piene di inutili paccottiglie, che ci ha tolto la pur minima sensazione di precarietà, rendendoci eterni nella virtualità, ci ha viziati al punto che ora, per rispondere a quasi due anni di pandemia, non vediamo altra possibilità che farci la guerra tra noi, che siamo tutti bersagli del virus. A volte negandolo e ribellandoci alla malattia, urlando che è colpa del governo – che, dal canto suo non prende sempre decisioni nette – a volte affidandoci alla scienza – che a volte chiacchiera troppo nei talk show riuscendo a rendersi vacua.
‘Na cambogia, si direbbe a Roma, veicolata dai social, pessimi consiglieri, pessimi diffusori di tutto e del contrario di tutto, spacciandolo costantemente per verità. Siamo rimasti senza padri, siamo rimasti senza valori, abbiamo confuso le parole, non sappiamo più dare il senso alle vite nostre e dei nostri figli, appesi ai fili invisibili di una comunicazione virtuale che non comunica più niente di virtuoso.
Resta solo la paura.
Si salvi chi può! Proviamo a salvarci con belle parole, con frasi fatte, con la solidarietà, con un’alta considerazione di noi stessi? Con la fede in un dio? Con la fede nella scienza? (Ossimoro interessante e assai praticato dall’Illuminismo in poi) Proviamo a lanciare il cuore oltre l’ostacolo e a credere che possiamo essere migliori?
Che sia difficile e doloroso non c’è dubbio, ma è indispensabile: un percorso va fatto. Come sempre a partire da noi stessi. E prima di uscire in strada e sparare ai nostri odiati odiosi vicini, prima si spararci un colpo davanti allo specchio in un ultimo, egomaniaco atto di libertà, prima di qualunque atto inconsulto, fermiamoci a riflettere su un pensiero facile facile: siamo tutti sulla stessa barca, perciò conviene metterci alla ricerca di un punto di approdo per non essere sommersi dall’acqua dell’odio e del rancore.