Intervista a Giorgio Linguaglossa sul Nulla, sul Nichilismo e sulla Poetry kitchen
1) Cos’è la poesia? Quale funzione ha nella tua vita?
In questi ultimi anni è avvenuto in me un fenomeno strano. Qualcuno mi ha rubato le parole, me le ha sottratte pian piano, un ladro si è infiltrato nella mia mente e mi ha trafugato le parole, QUELLE parole della «critica» con le quali si fabbricano le schede-libro delle note di lettura e dei quarti di copertina. Non sono più capace di adoperare QUELLE parole per redigere le cosiddette «recensioni» o «note di lettura». Sono così rimasto senza parole. Non sono più capace di redigere quegli scritti augurali e procedurali che ammiro con sempre maggior stupore nelle schedine critiche che leggo in giro. Mi sono accorto che il Nulla ha inghiottito tutte QUELLE parole, e di QUELLE parole non è rimasto più nulla.
E ne ho preso semplicemente atto.
Per questo sono stato accusato di essere un cavaliere del Nulla, un nullista, un nichilista, un nullificatore, un pericoloso talebano del Nulla.
Perché mi sono accorto che sono diventato incapace di adoperare QUELLE parole della poesia maggioritaria che si scrive oggi, quelle poesie corporali, confessionali, augurali, posiziocentriche, non so come dire, alla Mariangela Gualtieri e alla Vivian Lamarque e ai loro epigoni. Sono ormai diventato allergico a QUELLE parole. Le ho perdute. E Penso che una analoga allergia sia stata avvertita anche da un Mario Gabriele, da Gino Rago, da Francesco Paolo Intini, da Mauro Pierno, da Marie Laure Colasson e dai redattori della rivista on line lombradelleparole.wordpress.com.
Fare poesia kitchen implica fare i conti con il nulla. L’originario è il Nulla. La traccia dell’origine, cioè del Nulla, è l’Essere. Gli Enti sono lontanissime tracce dell’Originario che si è dissolto, che si è auto tolto.
Scrive Giorgio Agamben:
«Viviamo in società abitate da un Io ipertrofico, gigantesco, nel quale però nessuno, preso singolarmente, può riconoscersi. Bisognerebbe tornare all’ultimo Foucault, quando rifletteva sulla “cura di sé”, sulla “pratica di sé”. Oggi è rarissimo incontrare persone che sperimentino quella che Benjamin chiamava la droga che prendiamo in solitudine: l’incontro con sé stessi, con le proprie speranze, i propri ricordi e le proprie dimenticanze. In quei momenti si assiste a una sorta di congedo dall’Io, si accede a una forma di esperienza che è l’esatto contrario del solipsismo. Sì, penso che si potrebbe partire proprio da qui per ripensare un’idea diversa del credere: forme di vita, pratica di sé, intimità. Queste sono le parole chiave di una nuova politica».*
* [da una intervista reperibile online e su lombradelleparole.wordpress.com]
Ci sono in giro una molteplicità di «autori di poesia» impegnati nell’opera di auto storicizzazione della propria poesia.
La nuova poesia o possiede un disegno generale della poesia occidentale o, in mancanza di un grande Progetto, si finisce per scrivere parole sulla sabbia.
Ancora nel 1966, anno dell’intervista a Eugenio Montale in una trattoria, il poeta italiano poteva affermare tranquillamente che non ascoltava mai la radio e non possedeva la televisione. Io mi limito ad osservare che la nuova poesia, la «nuova ontologia estetica» non potrebbe essere nata senza la piena immersione nella civiltà mediatica. Oggi, se ci si pensa un attimo, non è possibile in alcun modo rifugiarsi in un angolo oscurato della civiltà mediatica, siamo tutti, volenti o nolenti, in qualche misura intaccati ed influenzati dal mondo mediatico. La fine della metafisica di cui qui si parla non è un optional che si può rifiutare e da cui ci si può difendere con una resistenza, una ostruzione, la metafisica è l’essere che si dispiega e che giunge alla sua fine annunciata. In altre parole, la fine dell’essere è già stata segnata dall’insorgere della civiltà mediatica. Non volerne prendere atto, è, appunto, un atto di cecità oltre che di stupidità.
La NOE è il presente e il futuro della poesia perché implica l’accettazione di dover misurarsi con il mondo mediatico. La maieutica mediatica è un’ottima scuola.
2) Gli artisti hanno dei maestri di riferimento, quali sono i tuoi?
Ho avuto pessimi maestri, ed è stata una buona scuola.
3) Ci vuoi parlare dell’ultimo libro che hai pubblicato?
Il tedio di Dio, pubblicato nel 918 per i tipi di Progetto Cultura di Roma segna un punto: la scomparsa dell’io totalitario e panottico che ha fornito il binario della poesia europea dal 1970. L’io oggi non è più il punto di riferimento del discorso poetico. La poesia dell’io e delle sue adiacente che si fa in Europa da alcuni decenni è Kitsch e conformismo senza neanche avere coscienza del kitsch.
«Il frammento è il sigillo di autenticità dell’arte moderna, il segno del suo sfacelo», ha scritto Adorno nella Teoria estetica nel 1970, pensiero quanto mai vero che si insinua all’interno del facere della «nuova poiesis» con lancinante attualità. L’aforisma di Minima moralia che recita Das Ganze ist das Unwahre («il tutto è il falso») è il rovesciamento di un noto passo della Fenomenologia di Hegel che recita: «Il vero è il tutto [Das Wahre ist das Ganze]». La poetica del «frammento» e la poetry kitchen sono la risposta più drastica che la poiesis oggi dà alla Crisi dell’arte, con la consapevolezza che la poiesis del «frammento» è la poiesis del negativo, della negatività assoluta che confuta il «vero» e il «falso», il «vuoto» della «totalità» che abita l’ideologia della compromissione in cui oggi tutti siamo coinvolti. Le immagini della poiesis diventate effimere, serializzate, moltiplicate, e quindi de-realizzate, precipitano nel valore di scambio e nella inautenticità di qualsiasi enunciato che oggi la poiesis possa abitare.
Ad essere revocato nel nulla, e cioè nell’inesistente, è il «valore» della poiesis, è la posizione nel mondo della poiesis, tant’è che non suscita più alcuna meraviglia che le immagini dell’arte siano state sostituite con gli avatar, le copie, le icone. In questo contesto, la diagnosi di Fredric Jameson sul postmodernismo (secondo cui le tipiche armi dell’avanguardia novecentesca: lo choc, la rottura, lo scarto, l’incomunicabilità, il nuovo sono diventate variabili richieste dal sistema, replicabili e serializzate all’infinito) coglie nel segno. Parlare del valore di posizione, di op-posizione della poiesis, è oggi una utopia da anime intonse. Semmai, lo scopo della poiesis non è tanto creare un varco nella significazione ma negare la stessa significazione per sostituirla con il «vuoto» del segno.
«È ormai ovvio che niente più di ciò che concerne l’arte è ovvio né nell’arte stessa né nel suo rapporto col tutto; ovvio non è più nemmeno il suo diritto all’esistenza», ha scritto Theodor W. Adorno nella Teoria estetica.
4) Hai un nuovo lavoro in programma?
Il lavoro che sto mettendo in campo da alcuni anni è una nuova idea di poesia insieme ai redattori della rivista online lombradelleparole.wordpress.com a cui rimando per chi volesse approfondire l’argomento.
5) Per chiudere l’intervista, ci regali una poesia che per te ha un
significato speciale?
Una mia poesia kitchen da Una giraffa seduta sul sofà chiede un Campari di prossima pubblicazione.
Un Avatar al Campo Boario ingoia soltanto
monete da 2 euro
La Bocca della Verità ha sputato 2 neonati giapponesi
con tutta la carrozzella
Il gatto nero agguanta il topo bianco
e ne fa un boccone
per il principio della identità degli indiscernibili
Il maestro Osho adesso abita ad Oslo
ha preso la teleferica e si è trasferito in montagna
è domiciliato in uno chalet
dice:
«la via usandola non si riempie» e altre stramberie
gli esquimesi e gli svedesi gli battono le mani
È accaduto che Miss Italia si è presentata al Colosseo
il 24 dicembre 2073, la notte di Natale
in mezzo ai fotografi e ai paparazzi con il grembiale à pois
ma sotto era nuda
così almeno hanno insinuato esterrefatti gli apostoli
del beato Placido Ricciardi
interrompendo il digiuno dell’eucarestia
I 5Stelle hanno presentato una interrogazione parlamentare
al governo Draghi:
All’autogrill di Fiano romano una giraffa si è recata al bar
sul cavallo a dondolo
il cameriere porta su un vassoio una porzione di camembert
e un crodino
il cavallo a dondolo si mette il rossetto
dice che è l’ippogrifo
e che ha un appuntamento con l’Ariosto
che, per gelosia
lo ha spedito sulla luna
così, almeno risulta nel poema dell’“Orlando furioso”
Un sommozzatore col paracadute a stelle e strisce
atterra a piazza San Pietro
e qui inghiottisce una spremuta di lampioni
– però sbaglia la parola, voleva dire lamponi –
Un carabiniere
in sidecar scende dalla moto
e beve un succo di mirtilli
Raffaella Carrà litiga con il dentifricio Colgate
perché si è invaghita di Mentadent white
così, sale sul cavallo a dondolo
e bacia il palombaro dello spazio Yuri Gagarin
che ha appena ingoiato il Green Pass
ed è in preda ad un terribile mal di stomaco
Lo shampoo TestaNera Gliss Ultimate Hair Repair deterge efficacemente il cuoio capelluto,
lava accuratamente i capelli e ne ripristina la naturale bellezza
Schwarzkopf inghiotte una pillola di cheratina
liquida con cromosomi
Giorgio Linguaglossa è nato a Istanbul nel 1949 e vive e Roma (via Pietro Giordani, 18 – 00145). Per la poesia pubblica nel 1992 pubblica Uccelli (Scettro del Re) e nel 2000 Paradiso (Libreria Croce). Nel 1993 fonda il quadrimestrale di letteratura «Poiesis» che dal 1997 dirigerà fino al 2005. Nel 1995 firma, insieme a Giuseppe Pedota, Maria Rosaria Madonna e Giorgia Stecher il «Manifesto della Nuova Poesia Metafisica», pubblicato sul n. 7 di «Poiesis». È del 2002 Appunti Critici – La poesia italiana del tardo Novecento tra conformismi e nuove proposte (Libreria Croce, Roma). Nel 2005 pubblica il romanzo breve Ventiquattro tamponamenti prima di andare in ufficio. Nel 2006 pubblica la raccolta di poesia La Belligeranza del Tramonto (LietoColle).
Per la saggistica nel 2007 pubblica Il minimalismo, ovvero il tentato omicidio della poesia in «Atti del Convegno: È morto il Novecento? Rileggiamo un secolo», Passigli. Nel 2010 escono La Nuova Poesia Modernista Italiana (1980–2010) EdiLet, Roma, e il romanzo Ponzio Pilato, Mimesis, Milano. Nel 2011, sempre per le edizioni EdiLet di Roma pubblica il saggio Dalla lirica al discorso poetico. Storia della Poesia italiana 1945 – 2010. Nel 2013 escono il libro di poesia Blumenbilder (natura morta con fiori), Passigli, Firenze, e il saggio critico Dopo il Novecento. Monitoraggio della poesia italiana contemporanea (2000–2013), Società Editrice Fiorentina, Firenze. Nel 2015 escono La filosofia del tè (Istruzioni sull’uso dell’autenticità) Ensemble, Roma, e una antologia della propria poesia bilingue italiano/inglese Three Stills in the Frame. Selected poems (1986-2014) con Chelsea Editions, New York. Nel 2016 pubblica il romanzo 248 giorni con Achille e la Tartaruga. Nel 2017 esce la monografia critica su Alfredo de Palchi, La poesia di Alfredo de Palchi (Progetto Cultura, Roma) e nel 2018 il saggio Critica della ragione sufficiente e la silloge di poesia Il tedio di Dio, con Progetto Cultura di Roma. Ha curato l’antologia bilingue, ital/inglese How The Trojan War Ended I Don’t Remember, Chelsea Editions, New York, 2019
Nel 2014 fonda la rivista telematica lombradelleparole.wordpress.com con la quale, insieme ad altri poeti, prosegue nella ricerca di una «nuova ontologia estetica»: dalla ontologia negativa di Heidegger alla ontologia positiva della filosofia di oggi, cioè un nuovo paradigma per una poiesis che pensi una poesia all’altezza del capitalismo globale di oggi, delle società signorili di massa che teorizza la implosione dell’io, l’enunciato poetico nella forma del frammento e del polittico. La poetry kitchen, poesia buffet o kitsch poetry.