Bighellonando
L’attrazione dei vari quartieri e dei vari itinerari dipende da fattori molto personali, vicende vissute, ricordi d’infanzia o di gioventù, momenti speciali al bar o in un locale, dove torniamo spesso per rinnovare l’emozione di allora; o dall’atmosfera di una strada, di cui magari ci emoziona solo il nome. Come la strada dove abitava la compagna di scuola di cui ero innamorato: quando scoprivo una via con lo stesso nome in un’altra città, andavo subito a vedere com’era fatta quella strada… Chi conosce la città, spesso si meraviglia delle scelte che facciamo, ci prende in giro, si interroga sui nostri strani gusti.
Per anni ho dunque bighellonato senza meta, secondo itinerari casuali e personali, guidato dall’intuizione del momento, tornando spesso sui miei passi o deviando all’improvviso, e camminando mi guardavo intorno, studiavo la gente che incrociavo. Andando a zonzo per una città ci si può sentire sociologhi e, con uno spirito d’osservazione acceso e magari un po’ di fantasia, ci si può trasformare in brillanti romanzieri o giornalisti; soprattutto se abbiamo il riflesso e l’intuizione di annotare le nostre osservazioni, magari fermandoci a un bar per un caffé.
Ho conservato le mie vecchie agende, piene di note e di appunti presi durante le mie camminate, lontano dai banali circuiti turistici. Come a Parigi, per le viuzze di Belleville o nei pressi del Canal St.Martin, o nel Sentier, o al mercatino della Rue Mouffetard. Oppure a Roma, nel tranquillo quartiere tra il Celio e le Terme di Caracalla, o sull’Aventino, luoghi dove non si crederebbe neanche di trovarsi nel cuore di una capitale europea. Annotavo le impressioni che mi suscitavano gli abitanti del luogo, la gente del posto, le signore con la borsa della spesa o i bambini che giocavano ai giardinetti, con vista sul Colosseo o sulla Tour Eiffel. Per me, cresciuto nella periferia milanese tra casermoni popolari, era inconcepibile che una vita quotidiana potesse svolgersi all’ombra di monumenti o di siti storici. Come ebbe a dire la scrittrice milanese Paola Capriolo, per me la vita “normale” era nei quartieri residenziali di periferia; tutto il resto era per le vacanze.
Senza arrivare agli estremi di Venezia, dove passeggiare tra calli, campi e campielli evoca ad ogni metro atmosfere di sogno e ci trasporta in altre epoche, anche solo muoversi a piedi in una città qualsiasi può rivelarsi in sé un viaggio nel tempo. Specialmente quando partiamo dalla periferia e siamo diretti verso il centro, attraversiamo il tempo col mutare dello scenario, dalle case più moderne ai blocchi abitativi del dopoguerra, dai palazzi stile Novecento agli eleganti edifici neoclassici o anteriori, fino al centro storico, con le sue vestigia medievali o ancora più antiche. E lungo la strada, davanti ai bar e ai negozi, o all’uscita delle scuole, cambia anche la fisionomia delle persone che incrociamo, con le loro attività, i loro passatempi, le loro chiacchiere, che riusciamo a malapena a intercettare.
Oltre ai bar e ai mercati, i luoghi di ritrovo più frequenti per gli abitanti di una città sono i giardini, le stazioni e, quando ci sono, l’acqua o un’altura. Ogni città ha i suoi luoghi magici, poli d’attrazione che spesso attirano e guidano percorsi e itinerari: l’ansa di un fiume, un lungolago o un lungomare, o una collinetta col suo belvedere. L’acqua che scorre tra le case ha sempre il suo fascino: come una vita che scorre, l’acqua passa ma assicura continuità restando sempre se stessa: la vista sul fiume, il panorama dal ponte o dalla riva rimane sempre uguale, anche se ogni goccia d’acqua che scorre è diversa da tutte le altre, quelle passate e quelle future.
(2 – Continua)