Musica, Maestro! (4)

Il linguaggio della musica

Il linguaggio della musica

Oltre all’altezza, le altre caratteristiche del suono sono l’intensità (cioé il volume) e il timbro, che è la voce della fonte sonora, dell’oggetto che dà origine al suono. A questi elementi il linguaggio musicale ne aggiunge altri, come il ritmo o la velocità, da cui scaturiscono la melodia e l’accompagnamento.

Sia la lingua che la musica sono sintattiche, composte da elementi distinti: parole che formano frasi, note che formano accordi. E alcune ricerche hanno dimostrato che, nello sviluppo cerebrale, la musica è strettamente legata al linguaggio, sembra proprio derivare da esso. I carillon sono l’infanzia della musica, l’elemento più semplice, proprio come le prime sillabe pronunciate dal neonato. E anche durante la crescita personale le capacità musicali possono svilupparsi, se coltivate, e risultare non meno importanti del linguaggio visivo, corporeo o verbale, in grado di esprimere idee, concetti, sentimenti propri di ogni individuo.

Gli esseri umani hanno dunque diversi modi per esprimersi, attraverso la parola, la musica, ma anche attraverso l’immagine (Leonardo definiva la pittura una “poesia visiva”). Lingua, pittura e musica partono da materie prime fatte con pochi elementi costitutivi: le lettere dell’alfabeto, i colori di base, le note musicali, che consentono di creare parole, combinazioni cromatiche e accordi musicali.

La grammatica, l’uso della tecnica pittorica, le regole dell’armonia e della composizione permettono poi rispettivamente di scrivere frasi, dipingere quadri, comporre musica. L’abilità nell’individuare le parole, i colori, le immagini e i suoni più efficaci dipende dal livello di creatività, cioè dalla capacità di inventare qualcosa di nuovo. Capacità che a sua volta diventa arte, quando riesce a trasmetterci emozioni e messaggi di valore universale.

Ma la musica ha qualcosa in più della parola e dell’immagine, suscita emozioni e sensazioni a livello inconscio, persino senza apprezzarne necessariamente la qualità intrinseca: indipendentemente dalla sua “bellezza”, una musica può suscitare ricordi, far sorridere un bambino, far danzare la gente, far marciare gli eserciti, far innamorare le persone. Molti amori sono nati con una canzone, e non è un caso che molte canzoni parlino d’amore, argomento principe delle “hit parade” musicali.

Ecco, le canzoni. Il grande maestro Morricone non ha disdegnato nemmeno le umili canzonette: come dicevamo all’inizio, le sue composizioni hanno spaziato tra vari generi, dalla musica classica e sinfonica a quella leggera, con settanta milioni di dischi venduti nel mondo. Ci sono brani degli anni ’60 rimasti in voga fino a oggi, come “Se telefonando” di Mina, o “Sapore di sale” di Gino Paoli o “Guarda come dondolo” e “Abbronzatissima” di Edoardo Vianello, tutte canzoni scritte o arrangiate da Morricone.

Ma cosa intendiamo esattamente con musica “classica” e musica “leggera”? Cosa le caratterizza? Noi siamo in realtà convinti che molta musica classica può essere considerata leggera, mentre certa musica cosiddetta leggera ci può risultare pesante. Nel mondo anglosassone si fa una distinzione un po’ più precisa: alla “classic music” si contrappone la “pop music”, cioé la musica popolare. E in effetti il contrario di leggero è pesante, non classico.

(4 – Continua)