Musica e società
Morricone era convinto che ogni tipo di suono potesse trasmettere emozioni particolari, se utilizzato e percepito in modo adeguato. Anche per questo, d’altronde, le orchestre sono composte di sezioni formate da diversi strumenti, con timbri e “voci” differenti, che insieme creano la sinfonia. L’armonia nasce dalla diversità, una diversità però organizzata, strutturata, non caotica, in cui ognuno, ogni voce diversa dà il suo contributo alla composizione d’insieme, con le sue note ma anche con le sue pause. Un ordine nella diversità, metafora della vita stessa e della società umana.
Società umana che è stata sempre molto sensibile alla musica, con cui è quotidianamente a contatto. Càpita a tutti che una melodìa evochi un evento, un’immagine, un particolare stato d’animo, un momento del passato. Sui social girava tempo fa un video che mostrava un’anziana ex-ballerina affetta da Alzheimer che ritrovava la memoria dei movimenti di danza riascoltando Čajkovskij. Ma anche per chi non ha mai ballato, cantato o suonato, è più probabile che una musica trasmetta un ricordo piuttosto che il contrario: le musiche arrivano prima dei ricordi e corrono parallele alla vita delle persone, che ne vengono coinvolte e assorbite direttamente o indirettamente, ogni giorno. Sin dagli albori dell’umanità: già nella preistoria l’uomo costruiva strumenti musicali assieme a quelli per la caccia, per la sopravvivenza. Si sono ritrovati tamburi, flauti, pifferi ricavati da ossa risalenti a oltre trentamila anni fa. Ma perché i nostri antenati iniziarono a fare musica, quali vantaggi ottenevano? La musica aveva, allora come adesso, la capacità di influire sulle emozioni, di cementare la comunità, di garantire la coesione sociale. I canti e i balli delle tribù primitive odierne, come inuit, pigmei o aborigeni australiani – che possiamo ascoltare ancora oggi – riguardano quasi tutti la caccia e i rapporti tribali, sono mnemonici e trasmettono quindi informazioni da una generazione all’altra. E forse la musica, presso i popoli primitivi, aveva anche un’importanza magica e soprannaturale legata all’origine del mondo. Prima infatti c’era il vuoto, e siccome nel vuoto non ci sono vibrazioni, c’era anche silenzio. Dunque il suono rappresentava simbolicamente anche la creazione del mondo e la nascita della vita.
Sebbene la musica sia uno dei fondamenti della nostra cultura e della nostra specie, i suoni ovviamente non sono un’invenzione umana. Esistono in natura e sono utilizzati come mezzo di comunicazione anche da altre specie animali, come i canti degli uccelli, i barriti degli elefanti, il frinire dei grilli, o gli ultrasuoni dei cetacei.
La fisica ci dà la prova che siamo tutti sensibili alla musica che ci “colpisce”. I suoni sono fenomeni fisici che influenzano tutto ciò con cui vengono a contatto; sono prodotti da una vibrazione, un moto originato da un corpo vibrante (una corda, la pelle di un tamburo…) che provoca onde attraverso l’aria o altri materiali, come l’acqua o il legno. Se la vibrazione è irregolare il risultato è un rumore. Ma se la vibrazione è regolare, il suono che ne risulta è musicale e costituisce una nota di una certa altezza. Un suono è più o meno alto secondo la frequenza, cioé il numero di vibrazioni al secondo del corpo che vibra: un urlo molto acuto può rompere un vetro, ma una melodia dolce può colpirci al cuore.
Oltre all’altezza, le altre caratteristiche del suono sono l’intensità (cioé il volume) e il timbro, che è la voce della fonte sonora, dell’oggetto che dà origine al suono. A questi elementi il linguaggio musicale ne aggiunge altri, come il ritmo o la velocità, da cui scaturiscono la melodia e l’accompagnamento.
(3 – Continua)