INTERVISTA a Emanuele Martinuzzi

 

INTERVISTA a Emanuele Martinuzzi

 

Emanuele Martinuzzi, classe 1981, Pratese. Si laurea a Firenze in Filosofia. Alcune delle precedenti pubblicazioni poetiche: “L’oltre quotidiano – liriche d’amore” (Carmignani editrice, 2015) “Di grazia cronica – elegie sul tempo” (Carmignani editrice, 2016) “Spiragli” (Ensemble, 2018) “Storie incompiute” (Porto Seguro editore, 2019). Ha ottenuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali. Ha partecipato al progetto “Parole di pietra” che vede scolpita su pietra serena una sua poesia e affissa in mostra permanente nel territorio della Sambuca Pistoiese assieme a quelle di numerosi artisti.

1) Cosa rappresenta la poesia? Quale funzione ha nella tua vita?

  La poesia mi accompagna da quando avevo dodici anni. È cresciuta con me, senza voler dare a questo accrescimento un senso di valore. Siamo decresciuti insieme in uno spazio al di là del tempo. Ci siamo modificati a vicenda nel flusso incessante del divenire delle cose e delle persone. Abbiamo cercato di ritagliarci un non luogo in cui sperimentare un’infanzia eterna. In tutto questo tempo ha rappresentato molteplici visioni e prospettive, specchi e distorsioni. Per me è stata una forma di terapia rispetto alle mie fragilità, o anche un modo di dialogare con le parti più profonde e imperscrutabili del mio animo, perché no una via arcaica e creativa alla conoscenza del mondo, anche una compagnia nei momenti di solitudine, una velleità intellettuale o una vanagloria personale, quindi può anche aver rappresentato varie vesti dell’illusione, o anche la più tangibile e metafisica percezione di verità, che ho avuto nella mia piccola e grande e confusa esistenza. Potrei aggiungere molto altro ancora, attimi, illuminazioni, ideali, sconfitte e tanto altro. Dopo tanti modi e universi in cui la poesia si è presentata al mio animo, aperto a volte con amore incondizionato, a volte con tormento, devo dire che non so più dare una risposta univoca cosa sia per me e cosa rappresenti o quale funzione abbia. Adesso anche quando non scrivo in qualche modo la poesia fa parte della mia esistenza, dei miei pensieri e delle mie emozioni. Anche non scrivessi neanche più un verso, la poesia ha assunto un peso abissale e spettrale nel mio vivere, c’è anche se non si manifesta nello scrivere. Dopo tutto quello che ha significato e può significare anche adesso è diventata una persona, seppur priva di un corpo se non temporaneo, quello della scrittura. In questo senso il suo peso sovrasta di gran lunga il concetto di funzione o utilità o scopo. La poesia, essendo una persona, non importa sia utile, anzi la sua elitaria inutilità, rispetto al modo normale di concepire le cose e il loro peso, le dona un senso ancora più fondamentale. La poesia stessa è il mezzo e il fine. Solo che cosa sia o chi sia questa poesia di preciso ancora non lo so.

2) Gli artisti hanno dei maestri di riferimento, quali sono i tuoi?

Ogni tanto scopro un nuovo maestro, un nuovo punto di riferimento, una coordinata artistica che mi permette di mettermi in discussione e di metterla a sua volta in discussione. Ogni maestro non fa altro che immetterti nel solco della tua interiorità, della poesia, e in un certo senso ti permette di scoprirti maestro di te stesso, bussola del tuo peregrinare senza meta nel verso. Nessun maestro è imitabile, ognuno ha la sua voce e ti aiuta soltanto a trovare la tua, perfetta o imperfetta che sia. La qualità letteraria non deve essere il primo obiettivo, semmai un accidente, nella libera ricerca della poesia e soprattutto nell’esprimersi. Poi i maestri non sono solo nei libri o nei dipinti o nel cinema. Dopo tante letture di poesie, anche dei mostri sacri della letteratura, o dopo le visioni delle immagini poetiche o filosofiche dei geni della pittura o del cinema che ci hanno preceduto, sono convinto che si impara da chiunque, ognuno può essere anche ignaro portatore di ispirazione, poesia, pensieri, bellezza, disarmonia creativa. In questo viaggio poetico nella scrittura e nell’esistenza siamo tutti alla fine allievi, ogni giorno è il primo giorno, ogni genuina ispirazione è una prima scoperta.

3) Ci vuoi parlare dell’ultimo libro che hai pubblicato?

L’ultimo libro è “Storie incompiute”, edito nel 2019 da Porto Seguro editore. È una raccolta che continua nella stessa direzione e con lo stesso moto creativo della precedente, ossia di “Spiragli” edita nel 2018 da Ensemble. Entrambi sono lavori scritti di getto, con un minimo, quasi nullo, labor limae, dove il verso tende all’essenzialità e il foglio bianco sovrasta col suo ineffabile silenzio i segni grafici delle poesie, mostrando la loro innata manchevolezza e incompiutezza, cercando di ricostruire queste storie disperse in frammenti, che non trovano né troveranno mai una loro ricomposizione.

4) Hai un nuovo lavoro in programma?

A dire il vero avrei due progetti pronti per la pubblicazione. Uno si tratta di un canzoniere illustrato sul tema della città, finito di elaborare nel 2019. L’altro sarebbe l’insieme delle poesie, versi, parole, che ho scritto negli ultimi anni su fogli sparsi qua e là, sullo smartphone, sui giornali, su quaderni, fazzoletti, etc. disorganizzati e non pensati per essere inseriti in una raccolta. Mi piacerebbe metterli insieme per avere una specie di bilancio di questo mio periodo personale e per dare voce, ancora una volta, alla mia scrittura più caotica, nata con spontaneità e priva di struttura, anche per averne un ricordo di carta perché no. Dopo questi due lavori non ho scritto più nessuna poesia, la pandemia ha bloccato le mie idee a quanto pare o almeno per adesso. Ho scritto solo articoli filosofici e articoli per la rivista per cui collaboro da tempo Teatrionline, il portale del teatro italiano. Quando ritornerà l’ispirazione per scrivere altre poesie ben venga ovviamente. Nel mentre non importa, anche l’assenza della poesia scritta è anch’essa poesia, che vive nell’esistenza e si inscrive nelle sue gioie più durature o passeggere, nei suoi tormenti e angosce, nelle sue sfide e sconfitte, nel suo insignificante o nel suo sublime, nei suoi sorrisi o nei suoi silenzi, senza l’intermediazione dei segni.

 5) Per chiudere l’intervista ci regali una poesia che per te ha un significato speciale?

Certamente, molto volentieri. Avrei pensato a questa poesia, inserita nella mia raccolta sull’amore “L’oltre quotidiano – liriche d’amore” edita da Carmignani editrice nel 2015, che parla dell’amore per la scrittura e la poesia:

Non assomigli a nessuna

Non assomigli a nessuna parola,

sei dettata in caratteri che amano

tacere, corretta dall’assurdo

nella grafia amara dei miei notturni.

 

Qualcosa di te si è intinto e dissolto

in ciò che ho di più fragile e antico.

 

Pensavo il tuo amore precedesse

ogni meraviglia o fosse un poema,

di là da venire, un’infanzia eterna,

ed invece è lo stesso inchiostro che mi scrive.