Lawrence Ferlinghetti
(Yonkers, 24 marzo 1919 – San Francisco, 22 febbraio 2021)
“L’universo trattiene il suo respiro / C’è silenzio nell’aria / La vita pulsa ovunque / La cosa chiamata morte non esiste”
E’ morto all’eta’ di 101 anni il poeta statunitense Lawrence Ferlinghetti, uno dei padri della Beat Generation, scopritore di Ginsberg, Kerouac, Burroughs, Corso e tanti altri. Il decesso è avvenuto il 22 febbraio ed è stato causato da una malattia polmonare. Nato a New York il 24 marzo 1919, subisce una vita non facile, il padre, italiano di Brescia, muore sei mesi prima che la madre, franco-portoghese, partorisce e viene subito rinchiusa in manicomio, dal quale esce sei anni dopo chiedendo di riavere il figlio che, sceglierà, di restare nella famiglia che lo ha accolto. Vive alcuni anni a Manhattan facendo lavoretti e studiando sino a quando scoppia la seconda guerra mondiale e, arruolato in marina, finisce per trovarsi tra le rovine di Nagasaki un mese dopo lo scoppio della bomba atomica: “L’inferno in terra che mi rese all’istante pacifista per tutta la vita”. Andrà a Parigi, studi alla Sorbona prima di tornare in America e stabilirsi all’Ovest, nella piccola cittadina di San Francisco. Nel 1953 aprirà la libreria e casa editrice City Lights, inizialmente con l’unico scopo di poter stare dietro la cassa a leggere e scrivere in pace e dove comincerà a frequentare quelli che saranno definiti Beat, un gruppo di artisti dalla vita dissoluta e spesso disperata, diventando il loro editore di riferimento. Tra tanto alcol e fumo, lui è quello che si veste bene, tiene i capelli corti: “Dovevo essere a posto e in me per mandare avanti tutto e aprire ogni mattina la libreria”. Così vede oltre quando ascolta Allen Ginsberg recitare ‘Howl’ (Urlo) e gli chiede il testo per stamparlo, cosa che gli costerà un arresto e il processo per pubblicazione oscena nel 1956.Per meriti letterari, verrà nominato “Poeta Laureato” di San Francisco. Ama l’Italia, i suoi soggiorni romani, il caffè Greco, alla città di Firenze permette di aprire negli anni ’90 una succursale di City Lights, espone i suoi quadri a Roma e, nel 2011, partecipa alle celebrazioni del 150 anniversario dell’Unità con una grande mostra dedicata a Torino. “Little Boy, cresciuto da romantico contestatore, ha conservato la sua giovanile visione di una vita destinata a durare per sempre, immortale come lo è ogni giovane, convinto che la sua identità speciale non morrà mai”. Si conclude così ‘Little Boy’, rispecchiando l’autobiografia uscita in America per il suo centenario.