Giorgos Seferis
(Smirne, 1900 – Atene, 1971)
Efeso
Parlava seduto su un marmo
simile a rovina d’antico portale:
sterminato e vuoto a destra il campo
a sinistra scendevano le ombre dal monte:
«La poesia è ovunque. La tua voce
a volte incede al suo fianco
come il delfino che per poco ti accompagna
vascello d’oro nel sole
e poi scompare. La poesia è ovunque
come le ali del vento nel vento
che per un attimo hanno sfiorato le ali del gabbiano.
Uguale e diversa dalla nostra vita, come cambia
il volto di una donna che si è spogliata,
e tuttavia rimane uguale. Lo sa
chi ha amato: alla luce degli altri
il mondo implode; ma tu ricorda
Ade e Dioniso sono la stessa cosa».
Disse, e imboccò la grande strada
che mena al porto di un tempo, ora inghiottito
laggiú fra i giunchi. Il crepuscolo pareva
per la morte di un animale,
cosí nudo.
Ricordo ancora:
viaggiava sulle coste della Ionia, in vuote conchiglie di teatri
dove solo la lucertola striscia sull’arida pietra,
e io gli chiesi: «Un giorno torneranno a riempirsi?»
E mi rispose: «Forse, nell’ora della morte».
E corse nell’orchestra urlando:
«Lasciatemi ascoltare mio fratello!»
Ed era duro il silenzio attorno a noi
e non rigato nel vetro dell’azzurro.
Traduzione di Filippomaria Pontani
(da Giornale di bordo III, 1955)
(da Antologia della poesia greca contemporanea, Crocetti Editore, 2004)