Carlo Bordini (Roma, 1938 – Roma 2020)
Polvere
Sarò sempre un po’ meno di quello che sono,
e anzi, molto meno. Polvere. Ho perso molto.
Ciò che si perde è irrecuperabile, e se lo si recupera esso
è ormai disperso, non rientra più nell’ordine prestabilito
delle cose. Sono contento
se di me non rimane che un lieve
involucro. Ho perso
molto. In questa levità,
ciò che più importa è l’assenza di acuti,
che tutto sia tondo e raccolto. Basta
questo. Tutto ciò che è devastato può divenire rotondo,
ancora rotondo. Come un vaso. E’ ancora possibile.
La polvere può essere recuperata. La polvere era una volta
detriti. Ora la polvere non è detriti,
è lenta friabile. La polvere
è un po’ meno, ma può essere
tenuta insieme. Le ferite
possono diventare polvere, raccolta
e conchiusa. Sono contento
di non capire le cose. La loro
ragione. Vi sono cose che ignoro, e sono
contento. Appaiono come misteri,
tranquille. Ad esempio,
la ragazza che incontro sempre, mi ama
o no? Non lo so. Sono contento
di non saperlo. Sono contento di non sapere
se l’amo, o meglio, so che non l’amo, che potrei
amarla; sono contento
di non sapere se avrei potuto amarla. Questo mistero
mi rassicura più del suo amore.
E’ bello non sapere. Non sapere, ad esempio,
quanto vivrò,
o quanto vivrà la terra.
Questa sospensione
sostituisce l’eternità.
(da I costruttori di vulcani-Tutte le poesie 1975-2010, Luca Sossella editore,2010)