Una bambina, nella sua posa infantile, fragile, in tutta la sua purezza, abbraccia una bomba come fosse un giocattolo. Al di là dell’iniziale senso di straniamento suscitato in chi osserva, Bomb Hugger trasmette in fondo un rassicurante messaggio di speranza, con il tenero gesto della protagonista potenzialmente in grado di disarmare l’esplosivo.
A qualche sala da lei, un ufficiale di polizia britannico, con un inaspettato smiley giallo al posto della faccia, tradisce la felicità apparente del personaggio, in contrasto con il suo equipaggiamento che racchiude un senso di oppressione e di minaccia. Il suo sorriso ambiguo invita a interrogarsi sulla reale identità del poliziotto, oltre a enfatizzare lo scetticismo dell’autore dell’opera nei confronti delle figure di potere.
La bellezza (e la profondità) di Banksy è probabilmente racchiusa in questa duplice, o forse molteplice, lettura dei suoi lavori, nel contrasto tra soggetti opposti, ma solo in apparenza, in quella capacità di appropriarsi di simboli e immagini per rielaborarli e reinterpretarli trasformandoli in icone sempre attuali nelle quali ognuno può intravedere parte della propria società. Ma soprattutto in quella lettura scanzonata e dissacrante della realtà, nell’ invito a tuffarsi nel mondo con sguardo acuto, per scardinarne gli schemi e coglierne le tematiche sociali, dalla guerra alla protesta, dalla disomogenea distribuzione della ricchezza alla globalizzazione e al consumismo.
Queste opere iconiche, autentiche proteste visive, approdano, in un centinaio di esemplari, al Chiostro del Bramante con la mostra Banksy. A visual protest, in corso fino all’11 aprile.