Guerra al virus
Quella contro il virus è stata paragonata spesso a una guerra, affrontata da quasi tutti i governi con ciò che è parso a molti una “carneficina”. Bombardamenti a tappeto, con inevitabili danni collaterali: vecchi, giovani, lavoratori, pensionati, studenti, aziende, tutti i settori della società coinvolti in lockdown e sospensione delle attività. Ma in guerra i colpi più efficaci sono le azioni mirate, di precisione, “chirurgiche”, che minimizzano le conseguenze indesiderate. Nei primi mesi, il 90% delle vittime del Covid19 aveva più di settant’anni, con la popolazione lavorativa quindi immune almeno dalle conseguenze più gravi. A molti era sembrato quindi più logico concentrare la maggior parte delle precauzioni verso le persone più a rischio, anziché su tutta la popolazione, sull’intera società, portando alla recessione. Tanto più che le persone più anziane sono anche le più fragili socialmente, avendo meno accessibilità ai servizi online, che caratterizzeranno la nostra società futura. Peraltro, scopriamo ora che con l’estate, le vacanze e gli assembramenti (soprattutto giovanili), l’età media dei contagiati si è notevolmente abbassata, e si vedranno presto i dati a livello sanitario.
Parlando di guerre, dicevamo della premonizione di Bill Gates rimasta inascoltata. Abbiamo continuato a investire in armamenti, riducendo risorse e finanziamenti per la sanità; per poi accorgerci che gli operatori sanitari sono molto più utili degli F35, nel combattere il virus. Ma quest’epidemia ci ha fatto aprire gli occhi anche su molte altre priorità di cui non ci rendevamo conto. Abbiamo ridotto gli investimenti nell’istruzione e nella cultura, per scoprire quanto scuole e insegnanti siano indispensabili, con lezioni sospese e genitori costretti a occuparsi dell’educazione dei figli. Abbiamo trascurato la salute del pianeta, ignorato gli allarmi sul clima, ma vediamo che il cosmo sa riequilibrare le sue leggi, quando vengono stravolte. Foreste date alle fiamme (Amazzonia e Australia, nel 2020, ma ci siamo già dimenticati), oceani invasi da plastiche, atmosfera asfissiata dagli scarichi. La Natura si vendica di come l’uomo la maltratta, credendosene il padrone.
Anche se si dovesse trovare un vaccino contro il virus in tempi brevi, è probabile che non sarà efficace prima della fine dell’anno, di questo 2020 che rischia di essere ricordato come il “non-anno”. L’anno “senza”: senza concerti, senza teatri, senza musei, senza scuole, senza sport, senza ritrovi al bar o al ristorante, senza contatti coi colleghi, senza abbracci, senza forse più un lavoro, purtroppo anche senza molti nostri cari che ci hanno lasciato per colpa del maledetto Covid… Un buco nel nostro calendario, un vuoto nelle nostre biografie.
O forse potrebbe essere ricordato come un anno di svolta, in cui abbiamo imparato o iniziato – per necessità – a vivere in maniera diversa. Una vita “normale”, sì, ma secondo nuove “norme”, impensabili fino a pochi mesi fa. Come ogni grande epidemia della Storia, anche questa è un monito. Quelle del Medioevo e del Seicento portarono rispettivamente al Rinascimento e all’Illuminismo, e anche questa del Covid-19 potrebbe rappresentare una svolta, sempre che riesca a illuminare e far rinascere le menti. Un giorno forse saremo in grado di tirare molte più conclusioni da questa pandemìa che sta stravolgendo le nostre vite, un “millennium bug” giunto con vent’anni di ritardo. Sapremo far tesoro di quest’esperienza? Impareremo a gestire meglio la società, la salute pubblica, le relazioni sociali e il nostro rapporto con l’ambiente? Se questo virus corona ci avrà insegnato qualcosa, consegnandoci a un nuovo Rinascimento, potremo dire per lo meno di averne fatto tesoro. Di aver trovato il nostro “tesoro della corona”.
(4 – Fine)