Luigi Magni, uno dei più conosciuti e amati registi romani, ha firmato, nella sua brillante carriera, una trilogia composta da Nell’anno del Signore (1969), In nome del Papa Re (1977) e In nome del popolo sovrano (1990
Le tre pellicole, intrise di un sapore a tratti anticlericale, rivisitano la vita di Roma nel periodo risorgimentale, nel momento cruciale del passaggio di potere dal papa al nuovo Regno d’Italia.
Il secondo film, In nome del Papa Re, trae spunto da un episodio realmente accaduto, ossia l’ultima condanna a morte comminata da un tribunale dello Stato pontificio. Nel 1867 un attentato aveva causato la morte di una ventina di zuavi pontifici (i volontari, di provenienza soprattutto francese, belga e olandese, che combattevano al servizio del pontefice). Gli autori del gesto vennero individuati in Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti. Sullo sfondo della vicenda vi è la figura di monsignor Colombo da Priverno, magistralmente interpretato da Nino Manfredi, un giudice del Tribunale pontificio il quale cerca di aver salva la vita degli accusati durante il processo e osa sfidare l’autorità costituita, Pio IX in primis, avendo ormai compreso l’imminente fine del potere temporale.
«Qui non finisce perché arrivano gli italiani, gli italiani arrivano proprio perché è finita». Questa celebre frase pronunciata da Manfredi rende il senso di cambiamento epocale che grava sull’intera vicenda. Monsignor Colombo proverà anche a scrivere una lettera/testamento al pontefice, ma il suo pio assistente impedirà che la lettera stessa venga scritta.
Oltre a molti spunti di riflessione, il film, data la bravura degli attori e del regista, è anche una brillante e genuinamente divertente commedia..