Jolanda Insana (Messina, 1937 – Roma, 2016)
La parabola del cuore
vedo nel vuoto dove piove chiara salute e mi svuoto del superfluo
di presenze specchiandomi nella palla di cristallo
il tumulto è grande e non mi lasciano uscire
ma per chi parte reggono i muri e si fanno più arditi
ardendo in spazi più spazi
nel vuoto più vuoto dei trenta metri quadrati
serrati dalle grate
rinchiavardo l’unica porta e così è impossibile rientrare
a scaldare i lunghissimi piedi dalle belle dita irregolari
dentro il camino
e vedere quanto resiste e dura la camera di combustione
rinfocolata con l’arte che sai
e mi dispiace per te
sono qui e dici no all’abbraccio ammagatore
perché non vuoi che si veda quanto poco si ragguaglia la misura
ma io posso testimoniare che non fu illusione e la vista
durò aguzza per due notti
poi la visione per più di un mese e ora nell’addiaccio
l’estasi perde in levatura e stramazza in stasi
si prega di non abbandonare rifiuti
si legge sul sentiero che dalla spiaggia porta alla tua quarta casa
covo di cazzarne e straglio
bastardo e randa
l’empito per entrambi è rimesso in discussione
e la prima volta è sempre l’ultima
ma se esce pari vinco
e se esce dispari perdi
(La clausura, Crocetti 1987)