Passarono i giorni, intanto Emilio aveva finito la serie che gli avevano consigliato. Madonna questi sceneggiatori! pensava, sembravano tutte telenovelas sudamericane di bassa lega: gente che si riprendeva dal coma, amori incestuosi.. Dio solo sa com’era riuscito ad arrivare fino all’ultima puntata! Certo era che avrebbe fatto di tutto pur di non pensare alle infelici sorti del suo biglietto. Ogni tanto gli tornava alla mente e veniva scosso da un brivido d’imbarazzo.
“Sono un ammiratore dei tuoi parcheggi fantasiosi, in caso fossi curiosa di conoscermi ti lascio il mio numero: +3933485****”
All’inizio aveva anche evitato di affacciarsi alla finestra, col timore che la Rossa lo potesse individuare e riconoscere come l’inquietante voyeur che spiava i suoi parcheggi creativi. Poi si era chiesto: che Giacomino il vicino, se ne fosse scordato? Lo richiamò. “Te lo giuro emì, l’ho lasciato Lunedì mattina” gli assicurò il ragazzo.
Ormai era Giovedì e non c’era nessun movimento che facesse pensare ad una risposta. Il suo telefono squillava poco: la nonna che tra una lezione di pilates e l’altra gli chiedeva se volesse gli gnocchi o i cannelloni, i colleghi che speravano in un suo ritorno per lo meno in smart working e i vari gruppi WhatsApp con gli amici ormai esclusivamente abitati da meme. Sempre più sconfortato vinse le sue paure e andò alla finestra. La macchina rossa era ferma, sprovvista di biglietti e stranamente parcheggiata bene, a spina tra due perentorie strisce bianche.
Cosa gli era saltato in mente? Pensava davvero che qualcuno trovando quel biglietto avrebbe risposto ‘oh mio dio, sì! non vedo l’ora di conoscere il mio stalker del quartiere’? Nel cervello gli avevano messo i chiodi, mica nel ginocchio!
Girava per casa senza sosta in quella scomodità tipica del disagio. Ora quasi sperava che il suo telefono non squillasse più per paura che potesse essere la lamentela della Rossa, o peggio, del suo ragazzo, o peggio, della polizia! Magari chissà, la sua bella poteva essere una paranoide che si era sentita in qualche modo minacciata da quella timida avance.. Ecco, era ripartito sulle montagne russe dell’ansia.
Nel frattempo però il povero Emilio si stava lentamente rimettendo. Ancora non riusciva a stendere completamente le articolazioni, ma piegava il ginocchio senza strapparsi i capelli dal dolore e già sognava di andare a mangiare la pasta con le vongole ad Ostia, anche se per ora si doveva accontentare degli involtini di Nonna Gilda. Mentre li scongelava al microonde ripensò alla conversazione con la nonna della settimana prima, doveva chiamare il fisioterapista!
“Pronto, studio medico Pino-Franchi” rispose una ragazza,
“Buonasera, chiamavo perché ho subito un intervento al ginocchio..”
Emilio spiegò la situazione e prese appuntamento per una visita domestica, specificando che la mancanza dell’ascensore gli rendeva impossibile arrivare allo studio, anche se era a meno di un chilometro da casa.
“Perfetto, Martedì alle 18:00 allora. Grazie mille, buona giornata”
Emilio si era preparato alla visita. Si era lavato, vestito e aveva dato una parvenza di sanità alla casa, cancellando le tracce dell’isolamento – pile di piatti sporchi, cartoni di pizza e pigiami sparsi avevano infatti occupato tutte le superfici dell’appartamento, con un fare lento ed inesorabile come il muschio sui tronchi dopo le pioggie autunnali.
Rinvigorito dall’ordine, si affacciò dalla finestra nell’attesa del fisioterapista. Aveva superato questa storia della Rossa, era un uomo, mica un ragazzino ed in fondo sapeva che era stata una fissa dettata dalla solitudine. Fuori era una limpida giornata estiva e il sole era ancora alto nel cielo nonostante fossero quasi le 18:00, la brezza di fine stagione gli consegnava il passaggio di qualche pigra moto in lontananza e il vociare tenue del rione che risorgeva dopo la siesta pomeridiana. Fu pervaso da una nuova pace, che non venne scalfita neanche dall’arrivo della Renault. Stava girando lentamente dal viale alberato verso l’incrocio, cercando parcheggio. La vide rallentare tentennando davanti ad un passo carrabile per poi proseguire e trovare invece un buco tra una Smart e una vecchia Skoda.
La Rossa aveva dei pantaloni di lino blu leggermente svasati ed una maglia bianca senza maniche che contrastava con l’abbronzatura. Passò davanti al Bar, stranamente deserto, per poi attraversare la strada, costeggiando la sua via. Emilio seguì con gli occhi la traiettoria, finché non fu coperta dal balcone dei vicini. Senza scomporsi distolse lo sguardo, attirato da una signora corpulenta che usciva dal parrucchiere di fronte scuotendo la sua nuova chioma bionda e urlando un ‘ciao cara’ strascicato.
Distratto, Emilio rientrò giusto in tempo per il suono del citofono. Ah, doveva essere il fisioterapista. Gli aprì e si risedette sulla sedia a rotelle posizionandosi davanti alla porta di casa. Sentendo i passi svelti sulle scale sperò di non aver dimenticato logori pantaloncini sui ripiani della cucina o tazze di caffè antico in bagno.
“Emilio? Sono Laura, la fisioterapista, avevamo un appuntamento ora alle 18:00?..”
I pantaloni blu, la maglia bianca.. i ricci ribelli e, finalmente, gli occhi grandi color nocciola. Eccola lì, a casa sua, La Rossa.