Dopo ore drammatiche in cui l’attesissimo Consiglio europeo sembrava destinato a concludersi con lo strappo del premier italiano Giuseppe Conte, intenzionato a non firmare le dichiarazioni finali, i leader Ue hanno trovato un accordo di compromesso. Ma nonostante l’evidente emergenza è solo un rinvio, di ben due settimane. Al termine delle quali l’Eurogruppo – che solo due giorni fa aveva deciso di non decidere passando la palla al Consiglio – dovrà “presentare proposte” alla luce della “natura senza precedenti dello choc”.
L’appello di otto Paesi per emissioni di debito comuni – Conte ieri, insieme ai leader di Francia, Spagna, Irlanda, Grecia, Portogallo, Lussemburgo e Slovenia, aveva lanciato un appello per l’emissione di “uno strumento di debito comune“. Incassando un nuovo niet da Austria, Germania e Olanda, che continuano ad alzare barricate di fronte all’ipotesi di una condivisione dei rischi. Ma, nel corso della conference call, il premier ha chiarito che nessuno pensa a “una mutualizzazione del debito pubblico. Ciascun Paese risponde per il proprio debito pubblico e continuerà a risponderne”. L’Italia – ha ricordato – “ha le carte in regola con la finanza pubblica: il 2019 l’abbiamo chiuso con un rapporto deficit/Pil di 1,6 anziché 2,2 come programmato”. In serata il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, intervistato dal Tg1, ha aggiunto: “Come governo abbiamo detto che abbiamo sempre dato tanto all’Ue, ma come Italia stiamo combattendo una guerra contro un nemico invisibile. E’ il momento che l’Ue ci aiuti. Quando parliamo di aiuto significa spendere tutti i soldi che servono per aiutare imprenditori, famiglie, lavoratori e per poterci rialzare”.
Spaccatura Nord-Sud come durante la crisi greca – Prima dell’inizio del vertice la spaccatura Nord-Sud a dispetto dell’emergenza senza precedenti era del resto emersa platealmente. Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz aveva respinto “una mutualizzazione generalizzata dei debiti”. E il ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, aveva ribadito: “Non ritengo che gli Eurobond siano lo strumento giusto”. L’Olanda e la Finlandia sono state altrettanto categoriche. Ricompattando il fronte dei rigoristi come non si vedeva dai tempi dell’austerità imposta alla Grecia. Da allora, molto sembrava cambiato: il ‘mea culpa’ dell’ex presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker nei confronti dei greci e la dissoluzione della troika, l’apertura della Ue verso un orientamento di bilancio più espansivo e la disponibilità della nuova Commissione ad un approccio generale più flessibile sui conti pubblici. Ma, nel momento del bisogno, i nodi vengono al pettine: il Nord non si fida del modo di gestire i conti pubblici del Sud. Esattamente come dieci anni fa non è pronto a mettere in comune risorse, tantomeno i propri debiti, facendo da garante a Paesi al di sotto della tripla A.
Fonte: la repubblica e Web