La Storia non muore
La Storia è tutt’altro che finita nel XX secolo. Anzi, il Novecento è stato testimone delle guerre più sanguinose di tutti i tempi, di violente ideologie, di regimi dittatoriali oppressori come il fascismo, il nazismo, lo stalinismo. E siamo arrivati al terzo millennio, annunciato dall’attacco alle Torri Gemelle, che da allora scorre all’insegna della destabilizzazione in Medio Oriente, del terrorismo islamico, delle migrazioni bibliche di profughi, del nuovo sovranismo. Niente ci fa pensare che stavolta sia davvero finita: nuove epoche, nuovi ordini e nuove destabilizzazioni si succederanno, in combinazioni già viste o inedite, perché la Storia non finisce, alle volte sembra che si fermi ma poi riparte, senza obiettivi finali, senza un ideale conclusivo da raggiungere.
Almeno non lo stesso per tutti: l’insieme dei comportamenti, delle norme morali e sociali di un popolo, la sua cultura e la sua civiltà, dipendono dall’ambiente in cui vive. Nessuno dei diversi modi di vivere e di pensare è migliore di un altro, non esiste un’unica “cultura umana”, ma diverse culture specifiche dei diversi ambienti. Queste culture rappresentano diversi punti di vista sul presente e ciascuna porta diversi valori e ideali. È dunque possibile che l’ideale di progresso proposto e diffuso da una società (come la nostra) non sia accettato da altre culture, che pongono in primo piano valori diversi. La democrazia, insomma, non si esporta come se fosse un prodotto tecnologico o un genere alimentare.
Il futuro appartiene — lo si voglia o meno – a relazioni multiculturali, ad una società multirazziale, interetnica, plurireligiosa. Come quella che è l’America, quella che sta diventando l’Europa, quella in cui si trasformeranno presto molte altre regioni del globo. Molti Paesi pensano di costruire muri o chiudere porti per respingere profughi, immigrati, stranieri, senza ricordare che fortezze e mura non sono mai riuscite a fermare la Storia. Enea, fuggendo da Troia, approdò sulle coste del Lazio senza bisogno di un porto, come tanti migranti di oggi. Nemmeno la Grande Muraglia cinese alla fine riuscì a contenere le invasioni dei Mongoli. E comunque, le mura non hanno alcun senso anche perché, proprio come Troia, ci siamo ormai già portati dentro il nostro bel cavallo di legno, attraverso il colonialismo, l’imperialismo e la globalizzazione.
Esiste forse una “storia universale”, che – pur con le diverse varianti – coinvolga tutta l’umanità in un comune destino e che tenda ad un punto finale di evoluzione? Non lo sappiamo ma, anche se esistesse, non seguirebbe un cammino lineare: così come noi invecchiamo tra alti e bassi, tra gioie e rimpianti, stringendo e sciogliendo legami, ripetendo spesso gli stessi errori nella vita, allo stesso modo anche l’umanità si muove a spirale, ricade negli stessi errori, in guerre e rivoluzioni che non hanno mai un epilogo conclusivo.
La Storia non finisce mai anche perché ogni generazione, pur progredendo e avanzando nelle conoscenze scientifiche e tecnologiche, non può imparare tutto dalle generazioni precedenti: gli scenari umani cambiano in continuazione, come le combinazioni infinite del DNA. Certo, vista da una prospettiva limitata, a livello di singole vite umane, la Storia è scomposta in epoche lunghissime, che sembrano eterne a chi le vive, come fu per la Pax Romana, per l’Impero Britannico, come fu per la mia adolescenza… Ma alla lunga, nel corso delle varie generazioni umane, queste eternità risultano tutte brevi, limitate, in trasformazione l’una nell’altra, nessuna di esse rappresentando un approdo finale della Storia. Con l’intima speranza che davvero non arrivi mai questo approdo: qual è infatti il traguardo finale di ogni vita, se non la morte?
(4 – Fine)