Per noi bambini oggi 60enni i tatuaggi erano “disegni” presenti solo su braccia e pance di barbuti pirati o filibustieri della Tortugue nei cartoni animati e negli sceneggiati tipo “la nonna del corsaro nero” che trasmetteva la RAI (allora c’era solo lei). Oppure sulle braccia del più famoso marinaio dei cartoni animati: Popeye (braccio di ferro in italiano). Crescendo abbiamo continuato a vederli su personaggi che erano legati alla malavita e dei marinai oppure sulla pelle abbronzata degli Haitiani. Insomma (a parte gli Haitiani) tatuaggio=cattivo erano uno stereotipo. Ma niente di più.
Passano poche decine di anni e bum: esplode la tatuaggio-mania. Chi non ricorda la “farfallina” di Belen che spuntava dallo spacco vertiginoso del suo vestito all’altezza dell’inguine durante un Sanremo. Questo è un caso tra i più “famosi”. Poi basta vedere i giornali di gossip con calciatori con i “loro” in genere molto vistosi, con simboli a volte della tradizione celtica. E poi basta guardarsi attorno nei bar in piscina al mare…
Stranamore si chiede se vi sia una correlazione tra il successo dei tatuaggi e questo periodo di intolleranze e rancori sociali. Se da ragazzini li vedevamo sui “cattivi” oggi ancora i cattivi sono quelli che li amano? Insomma il tatuaggio è una specie di cartina al tornasole di ciò che hanno nell’anima?