Compie trent’anni “Nato il quattro luglio” di Oliver Stone.
Nel 1967, all’età di vent’anni, Stone si arruolò volontario nell’Esercito degli Stati Uniti e combatté proprio in Vietnam, restando ferito due volte in battaglia e quindi fu decorato con varie onorificenze. Naturale che il libro autobiografico “Nato il quattro luglio” dell’attivista e militare Ron Kovic suscitasse nel regista di Platoon un forte interesse per un adattamento cinematografico, raccontando non soltanto una sorta di odissea personale vissuta da un ragazzo di Massapequa (Long Island) cresciuto in una famiglia cattolica e tradizionalista, che «voleva solo essere un buon americano e servire il suo Paese», ma evidenziando soprattutto il disagio e il senso di colpa di un’intera nazione nei confronti di una guerra sbagliata e di un governo corrotto.
Nato il quattro luglio diventò così il secondo atto di una personale trilogia diretta da Stone sul Vietnam, composta, oltre che da questo titolo, da Platoon e da Tra cielo e terra (1993).
La lavorazione non fu né breve né esente da difficoltà (Kovic sul set fece quasi da “coach” di Cruise, indicandogli con esattezza le sensazioni e i tormenti che lui stesso aveva provato), ma il risultato finale fu gratificante per tutti: al di là del successo al box office, Nato il quattro luglio conquistò numerosi riconoscimenti e vinse due Oscar (miglior regia e montaggio) e nella filmografia di Stone resta tra i titoli più rappresentativi, ove il pathos costeggia a volte la retorica ma non la asseconda, il romanzo di una vita diventa lo specchio in cui ritrovare il peso delle sconfitte.
Tom Cruise, Ron Kovic e Oliver Stone vinsero nel 1990 quattro Golden Globe (miglior film drammatico, miglior regia, miglior attore in un film drammatico, migliore sceneggiatura).
Kovic, oggi settantatreenne, inizialmente non era molto contento che il protagonista scelto per interpretarlo fosse Tom Cruise (altri attori presi in considerazione furono Al Pacino, Charlie Sheen, Sean Penn e Nicolas Cage), ma, una volta visto il film, restò tanto colpito dalla performance così intensa dell’attore di Top Gun che volle donargli la sua medaglia al valore, la Stella di bronzo, in segno di riconoscenza.
Kovic appare nel film in un cameo: è il soldato in sedia a rotelle che, nella scena della parata iniziale, sobbalza al suono dei petardi.
Il film, costato 18 milioni di dollari, ne incassò in tutto il mondo circa centosessantuno.
Molte sono le scene madri che meritano di essere citate: senza dubbio, quella in cui il giovane Ron danza con la sua amata Donna sulle note di Moon River e poi con uno stacco netto si ritrova sul Viet River, scena introdotta da una luce abbagliante color arancio e dalle silhouette nere dei soldati che avanzano; memorabile anche la sequenza del ferimento di Ron durante un’imboscata dei Vietcong, resa potentissima dalle inquadrature dei dettagli e dall’improvviso silenzio del commento musicale di John Williams: il colpo di fucile in petto, il rumore del fiotto di sangue che fuoriesce dalla bocca, la mano che agguanta i fili d’erba. Non ultima quella del drammatico scontro verbale con i genitori e i fratelli, in cui Ron, tra le lacrime e la disperazione, urla: “non si devono uccidere donne e bambini… Diglielo, papà: è tutta una balla, una fottuta balla!”. A trent’anni di distanza, Nato il quattro luglio è un film che fa ancora molto riflettere e merita una (re)visione per ricordarci che «è sempre sventurata quella terra che ha bisogno di eroi» (e anche di supereroi).