Vite spericolate
Ogni essere umano tende a far valere, sin dalla più tenera età, i propri diritti, spesso inconsapevole di doverli poi ripagare alla società attraverso il compimento dei propri doveri. D’altronde è istintivo: i diritti producono piaceri e privilegi, i doveri sono fatica e rinuncia. Il senso del diritto è in un certo modo innato, mentre il dovere è imposto da regole.
Un dovere implica un obbligo, solitamente definito da una norma, e siccome esistono diversi tipi di norme (giuridiche, morali, religiose ecc.), esistono anche diversi tipi di dovere. Si possono comunque distinguere per lo più due grandi categorie di doveri: quelli morali, che rientrano nell’etica, quando l’obbligo è lasciato alla libera scelta dell’individuo; e quelli legali, quando l’obbligo è espresso dalla legge. Inoltre, il dovere può essere positivo, quando consiste nel dover fare o dare qualcosa (detto anche comando), oppure negativo, quando invece consiste nel non poter fare qualcosa (un divieto).
Come dicevamo, oggi siamo tutti molto attenti ed esigenti nel far valere i nostri diritti, ma non altrettanto nel compiere i nostri doveri. Una parte di responsabilità sta nella società odierna eccessivamente permissiva, che concede molto ai giovani e soprattutto ai giovanissimi, chiedendo poco o nulla. Salvo poi presentare il conto tutto assieme nella vita adulta. Siamo in tanti fans di Vasco Rossi, che inneggia alla vita spericolata, ma in realtà a molti di noi piace piuttosto vivere una vita tranquilla e regolare. Eppure sono pochi quelli che amano sottostare a norme e regole, senza pensare che l’aggettivo “regolare” viene proprio da “regole”, e cioé dall’insieme di prescrizioni e norme che – se rispettate da tutti – ci tranquillizzano appunto la vita.
I genitori hanno l’obbligo morale di educarci immediatamente a rispettare le regole della vita e della nostra società, anziché soddisfare ogni diritto senza imporre il rispetto di alcuna regola. Perché a quel punto il diritto si trasforma in capriccio, e troppi capricci sono il problema della nostra società lassista e troppo indulgente, di uno stile educativo – sia a casa che a scuola – che non riesce più a stabilire, e tanto meno a far rispettare, delle regole.
Un genitore che si scaglia contro l’insegnante, pretendendo come un diritto acquisito buoni risultati scolastici per il figlio, non fa altro che distruggere la personalità del proprio pargolo, rovinandone la vita adulta. Quando, approdati al mondo adulto, i ragazzi viziati si rendono conto che nella vita non tutto gli è concesso e non tutto gli è dovuto, l’impatto con la realtà li spinge verso piaceri sublimati, come l’alcool e le droghe, o verso atteggiamenti di ribellione e aggressività.
Fenomeni che sono pericolosamente in crescita come bullismo, violenza gratuita, intolleranza verso i diversi, i più deboli, le minoranze, sono tutti frutto di cattiva educazione. Giovani educati con l’idea di avere solo diritti e nessun dovere, crescono anche senza alcun senso di empatìa e altruismo. Tendono a considerarsi al centro del proprio mondo, intolleranti al fatto che qualcuno possa avere dei diritti che si sovrappongano ai propri. Come nel caso degli uomini che uccidono la loro ex-partner, rifiutando l’idea di non esserne più amati.
Nel linguaggio giornalistico questi crimini (definiti col brutto termine di “femminicidi”) vengono spesso citati in riferimento ad amori finiti, amori falliti, o “amori criminali”. Ma quelli non sono amori, non lo sono mai stati. Sono solo espressioni di egoismo e possesso paranoico. L’egoismo e l’incapacità di amare sono anche conseguenza di scarso senso del dovere, del desiderio di avere sempre e solo diritti, anche sulle menti e sui corpi altrui.
Spesso quindi quello che desideriamo e che chiamamo impropriamente “diritti”, sono in realtà vantaggi e privilegi, predominio sugli altri. Laddove gli altri possono essere chi ci sta vicino ma anche, come vedevamo all’inizio, la “cosa pubblica”. Ciò vale infatti sia individualmente che collettivamente: le democrazie si fondano sui diritti e sui doveri, mentre le dittature si basano sui privilegi e sugli arbìtri. Se anziché insistere tutti sui diritti, ognuno facesse il proprio dovere, l’ordine regnerebbe immediatamente e i diritti maturerebbero automaticamente in quanto, come disse Chateaubriand, è il dovere che crea il diritto e non il diritto che crea il dovere.
Allora potremmo forse concludere dicendo che ad ognuno di noi spettano giustamente i propri diritti, ma spetta anche il dovere di garantire a tutti gli stessi diritti che pretendiamo per noi, anche a costo di dover rinunciare a qualcosa. Esigere i propri diritti, ma difendere anche quelli degli altri. E Voltaire avrebbe aggiunto: “fino alla morte”.
(3 – Fine)
© Louis Petrella