Capita sempre più spesso, girando per Roma, di sentire le lamentele dei cittadini, ormai caratterizzate da un senso di disperata rassegnazione che non fa onore alla capitale di un paese bellissimo quantunque sull’orlo di una crisi di nervi importante.
Chiunque decida di spostarsi a Roma avvalendosi dei mezzi pubblici ha la simpatica chance di sperimentare brivido e suspense. Conosce l’ora in cui lascia la propria abitazione, ma non può prevedere neppure approssimativamente quella in cui riuscirà a farvi ritorno. Ho amiche e amici che uscendo di casa la mattina salutano parenti e affini come se andassero al fronte.
La settimana scorsa una coppia di tedeschi sulla cinquantina si aggirava smarrita e costernata alla fermata dell’ATAC dove era previsto l’arrivo di numerosi bus. I due sembravano provati dal caldo e dall’attesa prolungata. La moglie mi ha mostrato sulla mappa la loro meta, che era raggiungibile dopo sei/sette fermate. Il punto è che quell’autobus di cui loro sapevano numero e tragitto e anche orario di partenza e di previsto arrivo, non passava da 42 minuti, perché, probabilmente, aveva saltato una o più corse. Il maschio della coppia era indignato e mi ha chiesto spiegazioni che non ho saputo dargli. Ma da ligia romana innamorata della propria città, ho comunque cercato di convincerlo che doveva sentirsi felice perché stava nel posto più bello del mondo, nonostante il caos, il lezzo insopportabile dei cumuli di immondizia fuori dei cassonetti, il traffico intenso e rumoroso. Allo sguardo feroce che mi ha lanciato, ho cambiato rotta concludendo, in un estremo atto consolatorio, che pur nello stallo impotente dell’attesa senza speranza, c’era comunque un punto a suo favore: di lì a qualche giorno lui e la sua consorte sarebbero ripartiti per tornare nella loro città, magari brutta, fredda d’inverno e afosa d’estate, grigia e banale, ma funzionante e disegnata per cittadine e cittadini rispettati nelle loro esigenze quotidiane, con orari regolari, mentre io e gli altri romani in attesa alla fermata, saremmo rimasti a combattere giorno dopo giorno con bus stipati all’inverosimile, certuni votati di default a prendere fuoco, corse saltate e simpatici mezzi fantasma.
Mettiamola così: Roma è una giungla che ti tiene sul filo e non ti consente di rilassarti, ma non ti annoia mai perché è dotata del vantaggioso aspetto della (oramai prevedibilissima) imprevedibilità. Ma viverci è diventato pressoché impossibile.