Moriva la mattina dell’11 giugno 1984, un mercoledì.
Enrico Berlinguer è stato l’ultimo leader in cui abbiano pienamente coinciso pratica di vita e progetto politico. La stessa morte sul palco di un comizio l’ultimo, esalta un impegno vissuto come dovere superiore. Il rigore personale; la sobrietà non declamata, ma praticata fino all’austerità che si fa proposta politica; la separatezza tra famiglia e partito, sfera privata e missione pubblica; la passione militante unita alla convinzione profonda che il partito debba diventare architrave di un’Italia migliore; il richiamo alla questione morale, intesa come lotta alla nefasta occupazione dello Stato e delle istituzioni a opera dei partiti, ed era davvero inimmaginabile allora che alla fine molto sarebbe stato mazzette e aragoste, corruzione e feste in maschera, caviale e champagne: questo straordinario insieme di valori fondanti e quotidianamente vissuti restituiva, e restituisce ancora, un’immagine del leader piena, rassicurante, sincera. Capace di seminare fiducia. E indicare nella politica una cosa destinata, ma pensa un po’, solo a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei cittadini.