Non è possibile non fare una riflessione sulla grande sconfitta che il movimento 5s ha subito in queste elezioni europee. Sei milioni di voti persi dalle votazioni del 4 marzo. La dimensione della sconfitta è maggiormente penalizzante per il movimento paragonato ai risultati del suo alleato di governo: La lega. Questa passa da un 18 al 34 % dei votanti. I 5s sono stati sicuramente un argine e un catalizzatore del malessere sociale quando erano all’opposizione, un argine democratico che ha saputo contenere le istanze che potevano sfociare come in Francia in dimostrazioni violente come quelle dei “gilet jaune”. Il loro programma “giustizialista” ha attratto masse che però poi si sono dileguate nel momento di sintesi dell’atto politico: il governo con la Lega. Perché? Una gestione dissennata e “involuta” del potere da parte del responsabile politico è indubitabile, ma anche una incapacità di fondo di chi lo appoggiava di capire che non si può essere al governo e “all” opposizione” contemporaneamente. Associando a tutto ciò due fattori essenziali: il contratto di governo e l’alleanza con un partito profondamente radicato sul territorio e dotato di un leader furbo e senza scrupoli.
Partiamo dal contratto. Noi pensiamo che i contratti si fanno quando si acquista un casa non certo in politica. A posteriori si può dire che anziché definire le scelte è stato un catalizzatore quotidiano di litigi e fragilità politica. L’esatto contrario di quello per cui era nato.
L’alleanza con Lega poi è stato un atto masochistico. Chi lo ha deciso ha la grande colpa di averla voluta e poi di non aver saputo reagire mentre Salvini la grande balena nera, si ingoiava più della metà dei votanti 5s.
Ora DiMaio se i 5s fossero un partito “normale”, avrebbe dovuto dare le dimissioni tout court senza indugi per dare la possibilità al movimento di ritirarsi da un governo deleterio per loro e soprattutto per il paese. Ma ciò non avverrà almeno a leggere le mosse che il movimento sta facendo.