La questione è nota: la casa editrice Altaforte di Francesco Polacchi, militante di Casa Pound, porta al Salone del Libro di Torino 2019 un volume su Salvini.
Si apre una discussione: alcuni scrittori – tra cui Christian Raimo e Zerocalcare – decidono di disertare il Salone, altri invece dicono: No, dobbiamo andare e confrontarci – lo dice soprattutto Michela Murgia.
Andare significa però riconoscere quella casa editrice, e quindi Casa Pound, dar loro dignità e in qualche modo fare da cassa di risonanza a idee e ideologie antidemocratiche.
Non andare significa non prendere parte, quindi lasciare campo libero e spazio a chi spazio non dovrebbe averne per legge.
Grandi dibattiti, intellettuali e popolo divisi come sempre, come sempre violente prese di posizione.
E compaiono miracolosamente la sindaca Appendino e il presidente della Regione Piemonte Chiamparino con la loro denuncia, a ricordarci finalmente che esiste una legge, anzi due: la legge Scelba (645 del 1952) che ritiene reato l’apologia di fascismo e la legge Mancino (305 del 1993) che all’articolo 4 prevede venga punito chi “pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche”. E le dichiarazioni di Polacchi, editore di Casa Pound non lasciano spazio a dubbi.
Finalmente si fa ricorso a queste leggi italiane. Le avevamo dimenticate?
Forse un po’ tardiva questa denuncia, arriva dopo aver dato un enorme risalto alla questione e aver fatto così di questo “giovane imprenditore a cui viene impedito di lavorare” (come si è autodefinito lo stesso Polacchi a Radio Capital) una “vittima del sistema” in questa nazione spaccata che sembra tenuta insieme solo dal clima avvelenato in cui ci tocca vivere.