E’ morto a Roma Massimo Bordin, storico direttore di Radio Radicale e voce conosciutissima tra gli addetti ai lavori e non solo per la sua rassegna stampa mattutina (nome della trasmissione: stampa e regime) dal lunedì al venerdì, che era da molti anni il più autorevole e importante programma radiofonico di anticipazione dei quotidiani.
Direttore dell’emittente dal 1991 al 2010, curava anche una rubrica su ‘Il Foglio’ dal 2012, ‘Bordin Line’.
Quando nel 2010 lasciò l’incarico da direttore a Radio Radicale fu per divergenze con Marco Pannella, ma Bordin continuò comunque a lavorare per la testata e ad essere interlocutore di Pannella nella conversazione domenicale con lui.
Il mondo della politica piange il giornalista ma intanto uccide la sua radio togliendo i finanziamenti. Proprio il caso Radio Radicale dimostra che la sfera culturale va sottratta al mercato cosi come le privatizzazioni dell’acqua pubblica, la scuola pubblica, la sanità pubblica e alcune reti di trasporto pubblico. E quando si dice “editoria” si parla di un contenitore che racchiude tantissimi altri beni comuni: la cultura, il pluralismo, la difesa delle minoranze, l’esercizio della libera espressione, la difesa delle voci più deboli, l’autodifesa dei cittadini dalle manipolazioni dei grandi gruppi economici e industriali che condizionano la vita, l’economia e la politica del paese. Quello dell’editoria è un settore molto delicato, che è attività d’impresa e servizio pubblico al tempo stesso, luogo di profitto aziendale e luogo di nutrimento dell’anima, sfera pubblica e proprietà privata.
Se il sottosegretario all’editoria decreta che “esiste Rai Parlamento, un servizio pubblico, un canale istituzionale che trasmette le sedute parlamentari e delle commissioni”, la scelta di campo di questo governo è chiara: per loro esiste e merita visibilità con risorse pubbliche soltanto quello che avviene nel palazzo, e per il resto non hanno problemi a oscurare quella parte di società che non è rappresentata in Parlamento, quella a cui dava voce Radio Radicale, con un archivio inestimabile (dove sono presenti anche decine di ore di dibattiti, incontri, conferenze e iniziative organizzati da Sbilanciamoci!). Di fronte a quella che si configura a tutti gli effetti come una interruzione di pubblico servizio, va ribadito che la sfera culturale va sottratta alle leggi di mercato, altrimenti se la comprano i più ricchi e diventa strumento dei potenti e non servizio per tutti. Radio Radicale è cosa pubblica, finanziata dal pubblico, libera da pubblicità ed esigenze di profitto delle radio commerciali, e può permettersi di trasmettere cose che attirano poca audience ma costruiscono un grande valore storico, culturale e politico. La radio di Pannella dava voce a tutti, a cominciare dai più deboli: se vince il mercato parleranno solo i padroni. E se dovesse essere oscurata sentiremo la nostalgia di chi apriva i microfoni a chiunque.