In questi ultimi giorni due notizie mi hanno fatto pensare al caso Tortora. I più agé tra i lettori ricorderanno la sua storia sconvolgente: presentatore televisivo di fama, nel 1983 fu accusato da un detenuto di appartenere a una cosca di camorristi. Finito in carcere per un lungo periodo, fu poi assolto quattro anni dopo e morì nel 1988 a soli 59 anni. La sua storia terribile è uno dei punti più bassi da cui partire per raccontare il nostro bel paese.
Il caso Tortora andrebbe sempre tenuto presente – ma ce ne saranno sommersi centinaia di altri simili, purtroppo. In settimana si sono sciolti due casi esemplari: c’è stata finalmente la confessione più che tardiva dei carabinieri picchiatori di Stefano Cucchi e c’è stata l’assoluzione con formula piena dell’ex sindaco di Roma Ignazio Marino.
Sembrano due storie lontane l’una dall’altra, e lo sono, anche se appartengono ambedue alla capitale. Nel 2009 Stefano Cucchi viene fermato, picchiato, muore in ospedale il 22 ottobre e nessuno si prende la responsabilità di quella morte. Si susseguono accuse pesantissime alla polizia penitenziaria, ai medici del pronto soccorso dell’ospedale. I politici e l’opinione pubblica si schierano pro o contro Cucchi, vengono dette frasi e usati toni da querela contro la stessa vittima che è un ex tossicodipendente pregiudicato, quindi un anello debole, e contro la sorella Ilaria che ha la forza di non mollare mai. Solo ora, finalmente esce fuori la verità.
C’è poi il caso Ignazio Marino, da sindaco di Roma fu accusato nel 2015 di peculato e falso in bilancio e condannato a due anni di reclusione. Anche Marino è un anello debole, un medico abituato a lavorare e a vivere da tanto tempo negli USA, che ha voglia di cambiare certe cose che in città proprio non vanno. E come si può tollerare qualcuno che crede che basti essere ligi e onesti, e che la verità possa trionfare e annientare un sistema di corruzione presente da decine di anni nel DNA della città? Fuoco amico e fuoco nemico si alternano su di lui. Solo oggi, a quattro anni dalla condanna, Marino ne esce completamente pulito perché “il fatto non sussiste”.
E’ una gioia amarissima quella con cui si leggono queste due notizie, ma resta comunque una gioia, che si sposa con la necessità di tanti cittadini italiani di deviare la deriva nullificatrice che impera.