Un autobus chiamato ius soli.
Tempo fa scrissi un pezzo in questa rubrica sullo ius soli “italiano” con cittadinanza concessa al raggiungimento dei 18 anni. Scrissi che forse a mio giudizio poteva essere una corretta interpretazione nella convinzione che il raggiungimento di un’età più matura e soprattutto la scelta di rimanere a vivere in Italia fosse fondamentale. Il tutto in un’ottica nel momento in cui scrivevo dove il terrorismo di seconda e terza generazione imperversava in Europa. Poi qualche giorno fa uno scuolabus pieno di ragazzini italiani di nascita ma non di passaporto mi ha aperto gli occhi. Ragazzini, una cinquantina, tra cui figli di immigrati che hanno rischiato di essere uccisi dalla folle determinazione di un cittadino italiano di colore a bruciarli vivi per motivazioni confuse, ma riconducibili a detta dell’autore all’aria che tira di intolleranza razziale. Grazie alla presenza di spirito proprio di alcuni di loro si sono salvati tutti. Ora la politica vuole premiare un paio di loro con la cittadinanza. Ma la cittadinanza non può essere un premio è un diritto. E forse è ora di rimettere mano a questa legge.