Continuiamo il nostro viaggio nella musica nera. Il free jazz, talvolta noto come free form, è una forma di jazz nata tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio degli anni sessanta, parallelamente al sorgere delle grandi battaglie razziali di Martin Luther King e, soprattutto, di Malcolm X: il Black Power sarà sempre un marchio distintivo dei musicisti “Free”. Il genere ha rivestito e riveste, perciò, una grande valenza sociale.
Come indica il nome si tratta di un tipo di musica libera, completamente al di fuori degli schemi: uno dei limiti estremi raggiunti negli anni è stata la partitura per quintetto che prevedeva la libera improvvisazione contemporanea di tutti gli strumenti secondo l’estro del momento. I caratteri di novità di questo stile rispetto ai precedenti consistono nella frammentazione e irregolarità del ritmo e della metrica, nell’atonalità che può arrivare fino al rumorismo, nell’assorbimento di tradizioni musicali provenienti da ogni parte del mondo (tanto che può essere considerato un antenato della World Music) e soprattutto nella tensione, intesa come intensità e liricità, che talvolta assume caratteri orgiastici e liberatori.
Alla fine degli anni cinquanta, la spinta rivoluzionaria del bebop di Parker, Gillespie e soci sembrava storia passata, generi più tranquilli, rilassati, a tratti disimpegnati come il cool jazz o il west coast jazz. E parallelamente, in una America ancora ampiamente segregata, crescevano le contraddizioni e i contrasti; la voglia di giustizia e di ribellione del popolo nero per i soprusi e le violenze, da sempre subite, sembrò sul punto di esplodere.
I primi esempi di registrazioni musicali jazz in forma di improvvisazione libera includono opere da parte del chitarrista Django Reinhardt e un paio di incisioni del 1949 per l’etichetta Capitol di un gruppo guidato da Lennie Tristano, Intuition e Digression. Era questa una musica free “da camera”, ispirata alla musica classica: improvvisazione totale nell’ambito di un decoro formale totale e senza sbavature.
Dalla metà degli anni cinquanta, il sassofonista Jackie McLean stava esplorando un concetto chiamato “The Big Room”, dove le regole spesso rigide del bebop potevano essere allentate o abbandonate del tutto. Allo stesso modo, Cecil Taylor, il pianista più importante del free jazz, iniziò ad estendere i confini del bop già nel 1956. Le registrazioni di Eric Dolphy effettuate con Charles Mingus, John Coltrane, e Chico Hamilton, insieme al suo lavoro da solista, contribuirono a gettare le basi per l’avvento del free jazz nella comunità musicale.
L’album di Max Roach intitolato We Insist! – Freedom Now Suite (1960), anche se non può considerarsi appieno un disco free jazz, contiene in nuce molti elementi di quello che caratterizzerà il nascente genere musicale; le forti tematiche razziali, l’assoluta libertà di esecuzione della suite, e certi passaggi musicali particolarmente ostici all’ascolto, lo rendono un’opera fondamentale per lo sviluppo del genere free jazz.
Anche gran parte della musica di Sun Ra potrebbe essere classificata come “free jazz”, in particolare i suoi lavori degli anni sessanta registrati a New York, anche se Sun Ra ha sempre ripetutamente affermato che la sua musica era ragionata e composta in maniera tradizionale, che non fosse frutto dell’improvvisazione, nonostante sembrasse più “free” di quanto suonato dagli stessi artisti propriamente appartenenti alla corrente del free jazz. La musica di Sun Ra, specialmente quella di dischi come The Heliocentric Worlds of Sun Ra (1965) o The Magic City (1966), fu, infatti, immersa in quello che potrebbe essere definito come un nuovo misticismo nero.
Altro musicista di spicco in ambito free jazz è Archie Shepp, noto all’interno del movimento per le sue posizioni ideologiche afrocentriche. Nel 1965 con la pubblicazione di Ascension, Shepp e Coltrane diventano gli esponenti di spicco dell’avanguardia newyorchese. Il free jazz degli anni sessanta confluì ¬ in seguito – nel “loft jazz” degli anni settanta che nacque a New York. Come altri stili di jazz, il free jazz ha anche adottato elementi di rock contemporaneo, funk e musica pop: Ornette Coleman fu ancora una volta un leader in materia, abbracciando la musica elettrica con la sua band Prime Time nel 1970. Molti musicisti mantengono attualmente in vita lo stile free jazz e due sono le scene principali: a New York e a Chicago.