Baudelaire in viaggio con Battiato
«Il vero viaggiatore è chi parte per partire» afferma Baudelaire, viaggiatore per eccellenza con la sua flânerie urbana e simbolica. Il “suo” viaggiare obbedisce a un istinto, non sa perché partire, ma vuole partire con il cuore lieve come un palloncino. E lui viaggerà ogni giorno e ogni notte dentro Parigi, a piedi e senza meta. E’ un flâneur perennemente incuriosito dall’altro, attratto dall’ignoto. Il vero viaggiatore non cerca una terra in particolare, cerca la sua anima.
All’età di vent’anni è costretto dal patrigno ad imbarcarsi per le Indie. Nonostante non arriverà mai a destinazione, rimarranno dentro di lui gli odori, i colori, le immagini di quei mondi lontani che ritroveremo nella raccolta lirica “Les Fleurs du Mal” del 1857. Spleen, la noia esistenziale, et idéal, l’altrove inaccessibile e misterioso, è la prima sezione del libro, e anche la più ampia, a cui appartengono le liriche L’ Albatros e L’invitation au voyage (Invito al viaggio) che meglio rappresentano la sua idea del viaggio.
Gli spazi aperti del mare ispireranno Baudelaire a scrivere L’ Albatros, l’uccello marino che raffigura il poeta nella sua diversità, che viene catturato e costretto a terra dagli uomini per puro divertimento. Il viaggio è simbolicamente rappresentato dal “volare alto”, dal desiderio di spingersi oltre a una realtà dalla quale il poeta si sente rifiutato, lontano dagli “amari abissi” su cui scivola la nave.
Della lirica L’invitation au voyage (Invito al viaggio) Gesualdo Bufalino, scrittore siciliano e traduttore di testi francesi, afferma che sia il «vangelo d’ogni esotista». In questi versi Baudelaire descrive un posto dove “tutto laggiù è ordine e beltà, / magnificenza, quiete e voluttà”. Un posto che assomiglia alla donna amata e dove vorrebbe fuggire con lei.
Bimba, sorella mia, / che cara fantasia, / pensa, potercene laggiù fuggire! / Là dove a meraviglia / tutto ti rassomiglia, / amare e vivere, amare e morire! / Da quegli ombrosi cieli / un sole, se trapeli / madido, sparge un misterioso incanto / che mi prende la mente, / come perfidamente / gli occhi tuoi quando brillano nel pianto. / / Tutto laggiù è ordine e beltà, / magnificenza, quiete e voluttà. / / Mobili, fatti lustri / da un lungo uso di lustri, / adornerebbero la nostra stanza; / s’unirebbe l’odore / d’ogni più raro fiore / dell’ambra alla volubile fragranza; / le ricche volte, gli ampi / specchi dai mille lampi / lo splendor della vita orientale, / parlerebbe ogni cosa / all’anima curiosa / la dolce arcana sua lingua natale. / / Tutto laggiù è ordine e beltà, / magnificenza, quiete e voluttà. / / Guarda su quei canali / piegare al sonno l’ali / i velieri dall’estro vagabondo: / non sai? per farti pago / il cuore in ogni svago / sono venuti qui di capo al mondo. / I dorati tramonti / accendon gli orizzonti, / le campagne, i canali, la città, / d’un lume di giacinto; / s’assonna il mondo vinto / in una calda luminosità. / / Tutto laggiù è ordine e beltà, / magnificenza, quiete e voluttà.
(traduzione di Gesualdo Bufalino, 1984)
Questo componimento, caratterizzato da un refrain ricorrente alla fine di ciascuna delle tre strofe, ha avuto numerosi adattamenti musicali. Quello che voglio ricordare qui e che vi consiglio di ascoltare per l’originalità è l’ adattamento del filosofo Manlio Sgalambro nella canzone Invito al viaggio, musicata e inserita nel suo album [amazon_textlink asin=’B00002ZZZ3′ text=’Fleurs’ template=’ProductLink’ store=’rmagazine-21′ marketplace=’IT’ link_id=’4141184f-1c70-11e8-b0b5-970ae0b736c1′] da Franco Battiato