Non è un elogio funebre, non saprei scriverlo, ma una riflessione su un mondo e un decennio di cui Marina Ripa di Meana è stata simbolo nel bene e nel male.
Partiamo dai denigratori, gli odiatori di professione, quelli che scrivono sui social, giustamente per carità, che è stata “famosa perché era famosa”, Craxiana e milanese da bere di una milano bislacca e un po cialtrona, edonista e alla caccia di un quarto di nobiltà comprato a letto con i matrimoni, amante di amanti illustri, ricca dei soldi altrui.
Non mi va di continuare, molti che l’accusano di ciò sono gente che in privato fa le stesse cose o anche peggio ma non ha le palle per farlo vedere alla luce del sole come ha fatto lei.
Regina degli anni ottanta, le torte in faccia a Maurizio Costanzo, alla ricerca continua di visibilità, senza un talento particolare, ma sempre col coraggio e la faccia tosta senza nascondersi dietro sofismi.
Nuda alla vita. Non scorderò di lei un famoso manifesto in età ormai non più giovanile, fatto contro l’uso delle pellicce: completamente nuda giocando sul “pelo”. Forte? Si. Eccessivo?. SI. Di buongusto ? No. Ma evvivaddio un coraggio enorme e la preveggenza che quel manifesto attirò davvero l’attenzione sul problema pellicce.
Non mi era simpatica, voce stridula sopra le righe, tra cappellini, cani e mariti compresi, esibiti con la stessa facilità.
Ma Marina io mi levo il cappello di fronte a te contro la stupidità e il perbenismo stereotipato da cui tu ti sei elevata.
Riposa in pace.