Non so in quanti conoscono Beppe Gambetta, chitarrista di eccezionale talento, ricercatore musicale, compositore, colui che, vivendo tra gli Stati Uniti e l’Italia – a Genova, dove è nato nel 1955 – si è fatto tramite della musica roots statunitense e italiana. Colui che ha esportato De André e le sue canzoni negli States. Un grande musicista. Ieri sera l’ho visto di nuovo suonare al Teatro Arciliuto, nel cuore di Roma. E come sempre, ogni volta che ho l’occasione di incontrarlo, mi si solleva il cuore al pensiero che ci siano ancora persone appassionate e delicate come lui e come la sua Federica, la moglie che lo segue e cura il suo lavoro da vent’anni.
Riporto le note che scrissi dopo averlo ascoltato dieci anni fa, il 22 marzo del 2007 nella sala A di via Asiago 10, a Roma, la sede di Radiorai:
“Red shoes. Scarpe rosse. Coi lacci neri. Da ragazzo. Il resto è tutto nero: giacca, camicia, pantaloni. Quando entra già sorride. Porta la sua chitarra chiara, acustica, un pezzo di legno levigato e lucido da cui sa far uscire montagne incantate di suono. Il suo sorriso è mite, dolce, come il suo sguardo, che accarezza più che guardare. Lo vedi e capisci che naviga con le sue note, tra i suoi accordi, gli arpeggi, cavalcando le onde che stanno dentro quella chitarra, dentro i pezzi che ha ritrovato scavando nella memoria di archivi storici statunitensi e italiani, là dentro vibra la sua vita, ancorata come una barca agli ormeggi, eppure in volo come una flotta di navi spaziali”.
Dieci anni dopo con l’uscita recentissima di Short Stories, l’ultimo CD (lui lo chiama si-di, all’inglese), Gambetta si conferma un meraviglioso chitarrista, ma anche un intrattenitore squisito e porta sul palco la tradizione italiana con le tarantelle e le composizioni di chitarristi doc dei primi del Novecento, e propone brani classici seguendo la tecnica dei musicisti popolari di un tempo: orecchiare i motivi all’opera e riprodurli col proprio mandolino e la propria chitarra. E’ il caso di una versione all guitar della Vergine degli Angeli di Verdi. Ma insieme con il folk italiano si mischia quello statunitense, i pezzi on the road dei bluesmen che hanno girato gli States in lungo e in largo accompagnati solo dalla loro chitarra. Con i temi tipici di quelle canzoni: il viaggio, il carcere, il bandito, l’amore sfortunato per una donna perduta. E oltre le sue personali creazioni che sono travolgenti, ripropone anche la sua bella versione de Il Pescatore e de La Città vecchia di De André.
Racconta, tra un brano e l’altro, cose non banali, e intanto accorda la sua chitarra spostandola di centinaia di armonie, come passasse dal primo al tredicesimo piano, con un orecchio lucido e attento che non lo fa sbagliare mai.
Se gli guardi le mani quando suona vivi un’esperienza: veloci eppure così salde, corrono sulla tastiera e vedi la fatica dei polpastrelli callosi, come un contadino che ara la sua terra, ma capisci anche la soddisfazione del raccolto. Vedi anni e anni di studio sfociati nella felicità di un rapporto a due, lui e la sua chitarra, o meglio, lui e le corde, mille sembrano, delle sue numerose chitarre nascoste.
Alla fine del concerto, uno spettatore gli si avvicina per chiedergli, sorridendo, dove siano gli altre due chitarristi che tiene nascosti, gli dice: “è ora che li tiri fuori”.
La sua chitarra vale per tre.
Short Stories
Beppe Gambetta
CD Audio
Numero dischi: 1
Etichetta: Borealis
Data di pubblicazione: 13 novembre 2017