Tre giovani donne alle prese con le scelte fondamentali che danno la direzione al proprio futuro.
Tre donne che hanno già oltrepassato una tradizione secolare di regole che imponevano al proprio sesso di restare in disparte e ricavarsi un ruolo solo ed esclusivamente all’interno della famiglia.
Sono Roja, Leila, Shabane, ventottenni iraniane, laureate in ingegneria meccanica, una facoltà decisamente maschile, amiche dal primo anno d’università. Tre donne consapevoli che stanno andando contro corrente rispetto alle proprie madri, ma che non per questo hanno le idee così chiare sul da farsi.
“L’autunno è l’ultima stagione dell’anno” ci offre uno spaccato delle angosce esistenziali legate a scelte da fare o già fatte. E salta agli occhi da subito quanto la giovinezza sia simile in tutte le latitudini del mondo, quanto i luoghi comuni legati ai grandi temi della vita – l’amore, il lavoro, il matrimonio, le donne e gli uomini – siano paragonabili ai nostri. A cominciare dai ruoli familiari: mentre le madri rappresentano la continuità con un passato da superare, i padri delle tre ragazze sono la guida nelle vite di Leila, ricca rampolla di una famiglia che le permette molto, di Roja, figlia di un uomo probabilmente ucciso dal regime, che le ha lasciato in eredità il compito di riuscire in tutto, di Shabane, il cui padre è un sognatore amante della letteratura che la protegge dalle ire isteriche di una madre esasperata e esasperante.
Incontriamo le tre giovani donne d’estate e le seguiamo fino all’autunno successivo, entrando nei loro pensieri e nei loro ricordi, attraverso l’alternanza delle loro voci, capitolo dopo capitolo.
Leila ha lasciato partire l’amatissimo marito Misaq per il Canada, rifiutandosi di credere fino in fondo che lui l’avrebbe lasciata e rifiutandosi però di seguirlo, una decisione che se da una parte la obbliga a fare i conti con l’amara verità che per il marito l’amore non ha superato il desiderio di emanciparsi dal proprio paese, dall’altra rappresenta anche una marcata decisione di indipendenza.
Shabane si arrovella sulla proposta di matrimonio insistente e quasi arrogante del collega Arsalan: rispondergli di sì significherebbe prendere coscienza che la realtà va oltre i sogni letterari con cui l’ha cresciuta suo padre, e l’alibi del fratello malato che la costringe e restare a casa, le potrebbe permettere di continuare a coltivare le sue fantasie romantiche.
A Roja, che è tra le tre amiche, la voce critica, il destino sta giocando un brutto scherzo: la sua domanda per ottenere il visto per il dottorato di ricerca in Francia è respinta. E lei è costretta a interrogarsi sulla obbligatorietà delle scelte ‘altre’ della sua generazione, la prima cresciuta dopo la guerra e impegnata a non soffocare i propri sogni dentro la tradizione corrente.
Un romanzo che ci racconta anche usi e costumi di un paese lontano di cui sappiamo ancora troppo poco, e ci conduce – tra gli odori della cucina e delle essenze, tra i colori degli abiti, dei veli e dei manteau delle tre protagoniste – nel groviglio dei loro pensieri tormentati legati al viaggio universale verso l’età adulta.
Sia la traduttrice del romanzo Parisa Nazari che l’editrice Bianca Filippini, impegnate a portare in Italia la letteratura iraniana, confermano che in Iran la vivacità culturale dei giovani e delle donne è grandissima e che la determinazione a tentare di dar corpo ai propri sogni e alle proprie aspirazioni è un dato di fatto, che va aldilà della censura o delle chiusure politiche del Paese.
Considerazione che potrebbe essere lo sprone per i nostri ragazzi che hanno tutte le possibilità, ma portano il fardello della rassegnazione a causa di una nazione che non cura più il futuro dei propri giovani.
L’autunno è l’ultima stagione dell’anno
di Nasim Marashi
traduzione dal persiano di Parisa Nazari
Edizioni Ponte33
euro 15