“ Un libro deve essere un’ascia per il mare ghiacciato della nostra anima “: nessun commento o critica può descrivere meglio della citazione di Kafka il romanzo “Arminuta “.
Premio Campiello 2017, il libro di Donatella di Pietrantonio, scrittrice abruzzese già nota per le sue precedenti opere “ Mia madre è un fiume “ e “Bella mia “, ha ottenuto un grandissimo successo di critica e di pubblico.
L’ “Arminuta”, di cui non sarà mai pronunciato il nome, significa “ la ritornata “. La ragazzina protagonista, infatti, viene riportata da quelli che aveva sempre creduto i suoi genitori alla famiglia di origine, in una nuova casa dove non c’è traccia del benessere, degli agi e dell’accudimento a cui è abituata. Quella che è la sua vera famiglia è composta da contadini, un vero clan familiare rozzo e impenetrabile, dal linguaggio alle abitudini, dove le miserie materiali e spirituali oltrepassano la stessa povertà per divenire la devastazione disperata dei sentimenti, rari e duri, difficili almeno quanto la mancanza di denaro.
Il romanzo è ambientato in Abruzzo nel 1975 e in quegli anni poteva accadere alle famiglie povere, di affidare a parenti uno degli figli, perché crescesse in un ambiente migliore e soprattutto per avere una bocca in meno da sfamare.
I temi dominante della narrazione sono, insieme all’abbandono, la maternità e la sorellanza.Nel caso dell’ ” Arminuta “, la maternità è doppia, una la madre che l’ha cresciuta, l’altra è la sua vera madre. Un’iniziazione alla vita di una bambina cresciuta in un ambiente protetto e privilegiato, improvvisamente immersa in un mondo diverso, nella precarietà e nell’amarezza di una continua e affannosa lotta per sopravvivere. Con l’abbandono, la protagonista sperimenterà l’esperienza straniante della perdita di identità e di appartenenza a un qualsiasi nucleo familiare.
Nella nuova famiglia, però, l’ ”Arminuta ” trova una sorella e un fratello con cui riesce a stabilire un rapporto di complicità e aiuto reciproco. Il libro, scritto con uno stile impeccabile, nitido e tagliente, intenso e colmo di commozione, affronta temi che potrebbero facilmente scivolare e perdersi nel banale e nel retorico. Ma Donatella di Pietrantonio costruisce una storia perfetta, completa e avvincente, sia nel dipanarsi degli eventi che nella descrizione precisa e chiara di tutti i personaggi.
Una storia dolorosa e tormentata narrata in prima persona con un linguaggio aspro e essenziale, così come sembrano essere i sentimenti dei personaggi, tra cui spicca la figura della sorella Adriana, sempre in bilico tra la rassegnazione e la forza di resistere e lottare. Come una melma opprimente, la miseria si snoda per tutto il romanzo. Forti le descrizioni delle dinamiche di angoscia e depressione della figure adulte, rese quasi disumane, una disumanità che solo i problemi materiali sanno provocare, e descritti dallo sguardo di una bambina in cerca di sé, dopo aver perso quella che considera una vera e propria vita precedente.
Il mondo infantile e adolescenziale, privato com’è di tutto quello di cui un bambino ha bisogno e diritto, conduce il lettore a guardare da vicino il male e lo spaesamento dell’essere rifiutati e gettati in un mondo ostile, ostile proprio come la vita.
L’ombra triste dell’abbandono e del rifiuto lascia però lentamente il posto alla gioia dell’affetto che l’ ”Arminuta” stringe da subito con la sorella Adriana.
Un libro da scegliere e da leggere, non solo per lo snodarsi avvincente della trama, ma anche per la capacità di farci conoscere un mondo per quanto nemico e estraneo, è capace di contenere in sé i segni del sollievo e del perdono.