A sessant’anni è giusto mettersi ancora in gioco? È giusto tornare sui propri passi, ripensarli, credere in un futuro lavorativo nuovo, imparare da giovani che potrebbero essere i propri figli? Trovarsi a competere con loro per un posto di lavoro? Si sente parlare sui media in modo accusatorio delle difficoltà dei giovani a essere integrati nel mondo del lavoro. Vero. Verissimo. Ma non si parla altrettanto a fondo di chi dopo i 50 perde il proprio posto. In realtà questa dimensione è stata esplorata da alcuni film, e libri, nelle accezioni psicologiche ma dalla stampa sembra essere ignorata come fenomeno sociale. Qui non parliamo di realtà come l’Alitalia o altre situazioni similari dove con motu tutto italiano si tende a risolvere addossando allo stato le spese tramite assunzioni in realtà parastatali o scivoli pensionistici, ma situazioni di piccole aziende che mettono in mobilità senza vere prospettive i lavoratori piu anziani. In un mondo del lavoro competitivo come quello odierno, dietro le grandi dichiarazioni di intenti la realtà è davvero drammatica. Non si investe come azienda su “un vecchietto”, lo si sfrutta (in pochissimi casi) per quello che serve senza un vero impegno, per il solo know how. Un incubo per chi oltre i 50 si trova in questa situazione. Buon 25 aprile.