Deniz, famoso regista vive a Instabul nella casa familiare. Fa venire da Londra Ohran suo amico ed editor per finire il suo libro. Orhan manca da molto tempo da questa città e si intuisce già dalle prime scene, la vive con insofferenza. La collaborazione tra i due non ha inizio perché improvvisamente alla fine di una nottata passata a bere insieme, Deniz sparisce nel nulla. Assassinato? Suicidio? In fuga? la famiglia di Deniz non sembra particolarmente colpita. Sullo sfondo il bosforo e il suo ponte, Ohran rimane invischiato dalla bellezza di Neval amica di Deniz che lo coinvolge forzatamente nelle ricerche di Deniz e poi sempre più preso da una sorta di immedesimazione con Deniz, inizia un percorso di ricostruzione dei perché contaminando i suoi fantasmi del passato e quelli di Deniz. Neval sarà la catalizzatrice di tutto ciò attraverso il sentimento d’amore che Ohruz inizia a provare per lei e anche per la confessione che la stessa Neval gli farà di considerarlo l’uomo che cercava per la sua vita. A impedire il tutto: Neval ha un marito. Sullo sfondo familiari e familii di Deniz che nulla apportano alla storia ma in fondo fanno colore “rosso Istanbul”. Una ciotola di acqua riempita da Deniz per il cane Tommy morto anni prima e la stessa ciotola riempita da Ohran come ultima scena, simboleggerà la definitiva contaminazione tra il mondo di Ohran e Deniz ma lasciando un mistero irrisolto. Ozpetek narra tutto ciò in una Instanbul moderna crocevia di occidente e oriente dove i canti di preghiera dei muezzin salgono a riempire le notti degli appartamenti sui grattacieli della moderna Istanbul e dove personaggi improbabili si aggirano scimmiottando modi occidentali, dove l’unico distinguo è tra chi beve alcol e non. Non si scende più a fondo e questo raccontare si inceppa tra la scelta patinata e una fiction tv a cui questo film somiglia molto.